Ad infiammare gli ultimi giorni di questo lungo mese di agosto ci ha pensato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che ha ieri ridestato l’attenzione su un punto delicato della discussione parlamentare, annunciando l’arrivo di nuove risorse a disposizione della elefantiaca macchina della giustizia. Risorse che – nelle intenzioni del ministro – dovrebbero (tra l’altro) accelerare i tempi di approvazione del discusso “processo breve“.
I primi ad insorgere sono stati gli stessi magistrati che hanno affidato al presidente dell’Anm, Luca Palamara, la netta stroncatura alla proposta del Guardasigilli. Ma non è stato che l’inizio: anche il mondo politico si è mobilitato per esprimere commenti sulle intenzioni del responsabile di via Arenula, alimentando una querelle che ha di fatto anticipato i tempi dell’effettiva discussione alla Camera.
“Alfano è un puparo – ha affondato Antonio Di Pietro, leader dell’Idv – un ministro della Giustizia ad personam che dovrebbe vergognarsi. Questa legge che provocherebbe la cancellazione di 100mila processi – ha rincarato l’ex pm – è finalizzata solo a salvare il premier assicurandogli la prescrizione”.
Per il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a sbarrare la strada al “processo breve” dovrebbero essere – oltre all’opposizione – tutti coloro che hanno intrapreso una “battaglia” nel nome della legalità: “Mi aspetto – ha detto – che anche dal centrodestra venga qualche elemento di coerenza rispetto a quello che si è detto fin qui. Mi stupirei moltissimo – ha proseguito il leader dei democratici – se l‘Udc e Fli votassero il processo breve”.
Chiamati in causa, i “finiani” si sono inseriti prontamente nella discussione: “Furono Berlusconi e Fini insieme – ha ricordato Italo Bocchino – a valutare che fosse meglio fermarsi sul processo breve a causa delle perplessità venute dal Quirinale. Noi siamo disponibili a discutere – ha continuato il colonnello del presidente della Camera – ma il ministro Alfano ci spieghi come intende superare quelle perplessità”.
Promette battaglia invece Pier Ferdinando Casini che, pungolato sull’argomento, chiude alla possibilità di votare il testo così come è uscito dal Senato: “Se vogliamo pensare a una tutela per le alte cariche – ha spiegato il centrista – siamo disponibili. Ma cancellare centinaia di processi per farne finire uno o due sarebbe una follia. Di tutto il Paese sente il bisogno – ha concluso – tranne che di un’amnistia”.
Maria Saporito