In una lettera indirizzata al presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il senatore del Pdl Ciarrapico ritorna sull’offesa velata di antisemitismo rivolta all’interno dell’aula di Palazzo Madama, durante il voto sulla fiducia al Governo, nei confronti del presidente della Camera Gianfranco Fini. «Sono consapevole che le mie parole, contrariamente alle mie intenzioni, hanno ingenerato equivoci e innescato manifestazioni di comprensibile indignazione da parte di autorevoli esponenti della Vostra comunità, che da esse si sono sentiti feriti. Non era mio intendimento – ammette Ciarrapico – ma non per questo intendo indugiare più a lungo nel porgerle le mie più sentite scuse».
«I finiani hanno già ordinato le kippah?», era stata la velenosa battuta del senatore berlusconiano nei confronti del leader di Futuro e Libertà per l’Italia. «Perché di questo si tratta – aveva poi aggiunto Ciarrapico – chi ha tradito una volta tradisce sempre. Quando andremo a votare, perché‚ andremo a votare, vedremo quanti voti prenderà il transfuga Fini. I 35 parlamentari finiani, i 35 rinnegati della Camera, non sarebbero mai stati eletti – aveva proseguito volgendosi a un premier soddisfatto – se non li avesse fatti eleggere Lei, signor presidente. Torneranno nell’ombra. Come nell’ombra tornerà la terza carica dello Stato che Ella, molto generosamente, gli aveva affidato».
Il senatore del Pdl adesso chiarisce che «la contestata espressione da me utilizzata, lungi dal voler arrecare offesa all’ebraismo e agli ebrei, e men che meno alla tragica memoria dell’Olocausto, era finalizzata esclusivamente a sottolineare una delle tante contraddizioni che hanno contrassegnato la parabola politica dell’on. Gianfranco Fini».
La comunità ebraica italiana aveva poi puntato il dito contro il presidente del Consiglio, il quale – a dette di Gattegna – non aveva colto «la gravità delle affermazioni di Ciarrapico» e aveva risposto «in maniera assolutoria alle offese agli ebrei rinnovando la sua amicizia allo Stato di Israele, cioè confondendo due diverse entità».
Raffaele Emiliano