Si parte con una lettera – che Gianfranco Fini ha scritto ieri al presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera – e si finisce con il sospetto che si stia per celebrare la strana “unione” tra Idv, Pd, Udc e Fli. Nel nome di una nuova legge elettorale. Scenari da fantapolitica? Forse. Di certo c’è che il presidente della Camera ha ieri sollecitato Donato Bruno sul dibattito incardinato sulla riforma elettorale, rimarcando (seppur velatamente) la sua insofferenza per l’attuale “porcellum”.
Una lettera che ha incrociato i “favori” di molti esponenti dell’opposizione, impegnati a sostenere il pressing che – nelle loro speranze – dovrebbe condurre al cambiamento dell’attuale legge. Il ragionamento è semplice: il “porcellum” non piace a nessuno e per questo Di Pietro, Bersani, Casini e adesso anche Fini sarebbero disposti a mettere da parte divisioni e divergenze per dare vita a un governo tecnico transitorio in grado di promuovere una nuova legge elettorale: più giusta e rappresentativa.
“Se Berlusconi stacca la spina – ha spiegato ieri Italo Bocchino – se dice ‘Andiamo al voto’ e in Parlamento ci fosse una maggioranza alternativa per cambiare la legge elettorale, noi siamo pronti a discutere con le forze disponibili a farlo”. Un’apertura che “solletica” gli appetiti dei democratici. “Molti di quelli che oggi vogliono cambiare la legge elettorale – ha notato ieri l’ex segretario Dario Franceschini – hanno cambiato idea ed è un fatto positivo”. Dal canto suo, il leader dell’Idv va salmodiando da tempo la sua disponibilità a sostenere un governo a scadenza che “per il tempo di un battito di ali di farfalla” riesca a cambiare la legge elettorale. Un obiettivo considerato talmente prioritario da autorizzare qualsiasi “patto col diavolo”.
Della “maggioranza alternativa” dovrebbe far parte anche l’Udc di Pier Ferdinando Casini che, ieri, ha rigettato con forza le accuse di “ribaltonismo”, auspicando addirittura “un’ampia convergenza con Pdl e Lega”. Tra le aperture dei finiani, la disponibilità dei democratici, la fermezza dei dipietristi e le cautele dei centristi, insomma, restano i dubbi sulla “fattibilità” della riforma. E sull’eventuale modello da scegliere.
L’ipotesi più accreditata è quella che conduce a un mix tra sistema proporzionale e uninominale: una formula capace di ottenere la “benedizione” di tutti e di vincere gli imbarazzi tra “Provincellum”, “Mattarellum”, modello tedesco e improbabili sbarramenti. A infrangere i “sogni” della ipotetica maggioranza alternativa però ci ha pensato Ignazio La Russa: “Non si è mai vista – ha ironizzato ieri – una riforma elettorale fatta da chi non è la maggioranza che governa“. Lapalissiano ed efficace.
Maria Saporito