La prima pietra è stata posata. Ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, insieme ai deputati, senatori ed europarlamentari a lui vicini, ha ufficialmente tenuto a battesimo il nuovo partito sorto dalle ceneri dello strappo consumatosi all’interno del Pdl. Un gruppo parlamentare che ha deciso di strutturarsi per guadagnare una più definita identità (e collocazione) nella galassia del centrodestra nazionale.
A dettare la rotta di Fli è stato lo stesso Gianfranco Fini: “Non voglio commettere gli errori del passato – ha annunciato – Se partiamo con la logica dei colonnelli e dei soldati rischiamo di replicare i difetti di An. Bisogna superare le identità dei diversi soggetti – ha spiegato – e mettersi a remare tutti nella stessa direzione“.
Secondo il presidente della Camera, insomma, bisognerà evitare “le divisioni, i personalismi, le divaricazioni tra falchi e colombe” e concentrarsi piuttosto su un futuro carico di programmi da definire, statuti da ufficializzare e organismi dirigenti da nominare.
L’unica certezza dei “futuristi” al momento è che vogliono garantire il loro sostegno al governo, per quanto il domani appaia quantomai incerto. “Non sappiamo cosa c’è dietro l’angolo – ha rimarcato Fini – ma io auspico che il governo arrivi a fine legislatura, ma dobbiamo tenerci pronti a eventuali sorprese“.
Le sorprese a cui fa riferimento l’ex aennino si chiamano elezioni anticipate: un’opzione con cui devono fare i conti tutti i partiti. A detra e a sinistra. “Anche Fini dice di prepararsi al voto? – è stato il secco commento di Umberto Bossi – In primavera ci saremmo andati comunque, anche senza quest’ultimo scontro tra Fini e Berlusconi”.
Intanto al coro delle prime reazioni giunte nel giorno inaugurale del partito finiano, si aggiungono le voci di due ministri. “È risaputo – ha commentato Sandro Bondi – che Fini non è mai stato particolarmente entusiasta della nascita del Pdl, ma dopo la sua designazione a presidente della Camera è cresciuto con tutta evidenza il suo disagio per avere scelto un ruolo istituzionale e per non essere più a capo di un proprio partito. La formazione dell’ennesimo partito – ha continuato il responsabile dei Beni culturali – è perciò una conclusione prevedibile da tempo. E comunque – ha concluso – si tratta di un partitino di cui non si sentiva l’esigenza”.
Parla di in “insidie” per la maggioranza, invece, il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: “Niente da dire se Fini fa il partito – ha detto – ma il Pdl non reggerà una doppia maggioranza sul governo e sulla legge elettorale. Dal bipolarismo non si torna indietro e fa specie che un Dc – ha concluso – debba spiegarlo agli amici di destra”.
Maria Saporito