Una sceneggiatura abusata, tanto al cinema quanto al teatro. E in politica. C’è un’eredità da spartire tra figli ormai distanti, partoriti da una madre che non esiste più. Il “bottino” sfiora i 400 milioni di euro (tra immobili e liquidità) e a contenderselo sono gli ex aennini, persi ormai tra le fitte schiere del Pdl e le meno affollate di Fli.
La quadratura del cerchio doveva essere trovata nel corso di una riunione del Comitato dei garanti di An convocata per ieri sera: un incontro nel corso del quale gli aennini ormai alla destra di Silvio Berlusconi (La Russa, Gasparri, Alemanno & co.) e quelli “trasmigrati” in Futuro e libertà avrebbero dovuto sedersi intorno un tavolo per definire la “spartizione”. Pallottoliere alla mano, ai “futuristi” (3 membri in tutto su un totale di 9 all’interno del Comitato) spetterebbe il 30% dell'”eredità”. Una cifra interessante per un partito che si deve fare e che ha bisogno praticamente di tutto: dalle sedi alla liquidità necessaria per mettere in moto l’ingranaggio.
Ma che – al momento – gli ex compagni di An non sembrano disponibili a concedere loro. La fantomatica riunione tra i garanti è stata infatti improvvisamente rinviata (a data da destinarsi), su richiesta del presidente dimissionario, Francesco Pontone, vinto dalla preoccupazione di voler lasciare l’incarico con i conti a posto. Bocce ferme dunque sui beni di An, ma alta tensione tra gli ex compagni.
In molti scommettono che lo scontro più duro si consumerà sui finanziamenti da concedere al “Secolo d’Italia”, il giornale di Allenmaza Nazionale adesso vicino alle posizioni del nuovo partito di Gianfranco Fini. Ignazio Larussa ha già annunciato l’intenzione di chiudere i rubinetti, dando il ‘la’ a una polemica destinata a lasciare una scia di veleni.
“L’anno scorso – ha dichiarato Larussa – il quotidiano da An ha avuto qualcosa come 3,6 milioni di euro. Per vivere ha bisogno di costi eccessivi: ritengo che un giornale debba vivere non con gli aiutini ma camminando sulle proprie gambe”. Praticamente una dichiarazione di guerra ai finiani. “Vogliono far tacere l’unica voce non berlusconiana nella stampa di centrodestra – ha replicato Carmelo Briguglio – un atto di disperazione politica”.
“È una chiara vendetta politica – gli ha fatto eco Enzo Raisi, amministratore del “Secolo” e deputato di Fli – con la quale rischiano di far fallire e chiudere il quotidiano. E siccome quello è un bene di An e non vogliamo passare guai penali per colpa loro – ha continuato – porteremo i libri ai magistrati e chiederemo il commissariamento dell’intero patrimonio”.
Ancora più pungente il commento del direttore del giornale, Flavia Perina: “Questo è un boicataggio – ha tuonato – La verità è che da quando abbiamo parlato di veline in lista, siamo stati sempre osteggiati, ben prima dello strappo di Fini: hanno dei problemi con le teste pensanti e non condizionabili – ha concluso – È il loro limite”.
Maria Saporito