Delitto intricato, quello su cui oggi si è iniziato a far luce ufficialmente, a seguito dei sei arresti compiuti nella mattinata nell’ambito delle indagini sulla scomparsa di Lea Garofalo. I magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro l’avevano interrogata in qualità di pentita della ‘ndrangheta a partire dal 2002, cosa che, come già era nei sospetti generali, è costata la vita alla donna, scomparsa il 20 novembre del 2009 senza lasciar traccia alcuna.
Disciolta nell’acido dopo esser stata rapita dai membri della cosca del suo ex convivente, Lea Garofalo, come oggi si apprende dalle confessioni, era stata prima prelevata in Corso Sempione a Milano, ed in seguito torturata, interrogata, ed uccisa nelle campagne vicine. Peraltro, è stato dichiarato anche il luogo esatto dove la vittima era stata fatta letteralmente scomparire, ma gli inquirenti non ne hanno potuto trovare nessuna traccia materiale, come già spiegato in un precedente articolo su Lea Garofalo pubblicato su queste pagine.
Fino ad ora non era mai stata ufficialmente archiviata l’ipotesi che Lea Garofalo fosse ancora viva. La donna era stata fatta scomparire infatti con una modalità che avrebbe dovuto far pensare ad una sua fuga, anche se tutti in realtà potevano ben immaginare quel che fosse successo. Lo stesso Cosco, padre di Denise, l’aveva attirata in trappola a Milano, dove l’aveva fatta venire esprimendo il desiderio di rivedere sua figlia. In seguito all’uccisione, fu proprio lui a chiamare le autorità per denunciare la scomparsa di Lea Garofalo.
Ma il retroscena maggiormente agghiacciante di questa classica vicenda di matrice mafiosa è nei racconti della figlia dei due, Denise, di fronte ai magistrati. Una volta scomparsa la madre a Milano, dopo esser stata sequestrata nel centralissimo Corso Sempione, suo padre Carlo Cosco, che con altri componenti del gruppo l’aveva interrogata e fatta sparire nell’acido fuori città, ha lui stesso denunciato la sparizione misteriosa. In seguito a ciò il gruppetto ha allegramente riaccompagnato la bimba in Calabria, dai parenti di Cosco. Mentre Denise per tutto il tempo piangeva sui sedili posteriori, gli uomini della cosca continuavano a parlare fra loro, ridere e scherzare. Una volta tornata alla “vita normale”, ha abitato con i suoi zii, Giuseppe Cosco e sua moglie, che passavano tutto il tempo nei bar della zona a giocare ai videopoker (occasione notoriamente tipica anche di incontri quotidiani tra gruppi malavitosi). Sembra che i magistrati siano stati fin da subito preoccupati del modo di Denise di essere allevata, ma in ogni caso la situazione, ad oggi, pare esser stata pressappoco questa.
Proprio Denise Cosco, peraltro, aveva aiutato a sventare un precedente tentativo di rapimento di Lea. Ora Denise è da poco maggiorenne, e già può dire di aver portato a segno alcune azioni antimafia di successo nella sua stessa famiglia. Infatti nel 2009, anno in cui poi la madre fu uccisa, Un membro della banda di Cosco, infatti, era riuscito ad introdursi in casa loro camuffato da operaio della società del gas. Nella borsa che portava con sé aveva del nastro adesivo e delle corde, e madre e figlia in quell’occasione, a maggio dello scorso anno, riuscirono a far fallire il rozzo piano ed a metterlo in fuga. A nulla è servito, purtroppo, dal momento che nel novembre dello stesso anno il bersaglio già segnato fu raggiunto ugualmente.
La stessa madre di Denise proveniva da una parentela che aveva intessuto molti rapporti con la ‘ndrangheta, ed i cui membri hanno spesso trovato una sfortunata fine. Il fratello di Lea, Floriano Garofalo, ritenuto un boss di un certo rilievo, è morto raggiunto da un colpo di pistola a causa di un regolamento di conti del 2005, ed anche altri cugini e parenti più lontani sono morti piuttosto giovani per le stesse ragioni. (Foto Panorama)
S. K.