La nuova legge in materia di lavoro, recentemente approvata, nota per l’introduzione di norme sull’arbitrato che aggirano di fatto l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, rende anche possibile assolvere l’obbligo di istruzione nei percorsi di apprendistato. I sostenitori di questa norma, il ministro Sacconi in testa, la giustificano come una chance data a quei 126.000 ragazzi in età compresa tra i 14 e i 17 anni (per la precisione 125.853 su un totale di 2.326.298, pari al 5,4%) che nell’anno scolastico e formativo 2008/09, secondo l’ultimo Rapporto Isfol, risultano fuori da ogni tipo di percorso di istruzione e formazione.
Questi ragazzi, sulla base delle leggi vigenti, dovrebbero assolvere all’obbligo di istruzione fino ai 16 anni e per questa ragione non potrebbero lavorare (anche l’età minima per l’accesso al lavoro è stata innalzata a 16 anni dalla stessa legge che ha innalzato l’obbligo di istruzione). Successivamente, dai 16 ai 18 anni, dovrebbero invece essere inseriti in un percorso formativo. Secondo la Cgil dell’Umbria siamo di fronte ad un problema grave di dispersione scolastica e formativa che vede il nostro Paese fortemente in ritardo rispetto agli standard europei. Per la stessa organizzazione sindacale, inoltre, la risposta data dalla legge appena approvata è sbagliata, demagogica e regressiva.
L’apprendistato, si legge ancora nella nota sindacale, non è lo strumento adatto per realizzare percorsi idonei a raggiungere gli obiettivi formativi previsti a conclusione dell’obbligo di istruzione, esistono altri e più efficaci interventi per contrastare la dispersione scolastica. Questa misura invece, prosegue il comunicato, contribuisce a vanificare il processo di cambiamento della scuola necessario per rendere effettivo l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni. “Il nostro giudizio sulla legge, quindi, – affermano dal sindacato – è assolutamente negativo e crediamo che la Regione dell’Umbria non debba stipulare alcun accordo con il Governo – senza il quale la legge è non attuabile – anche considerando il pasticcio giuridico che essa contiene: l’ingresso al lavoro è fissato come detto a 16 anni (prima di questa età è vietato lavorare), ma l’apprendistato è a tutti gli effetti un contratto di lavoro (seppure a causa mista) e quindi con la nuova normativa si fornisce una scappatoia che permette l’ingresso al lavoro già a 15 anni, contravvenendo in maniera palese alla legge. Il furore ideologico del Ministro Sacconi – concludono dalla Cgil dell’Umbria – ha prodotto ancora una volta un “mostro” non solo culturale, ma legislativo”.
Mauro Sedda