A dir poco tragica, a quanto pare, la situazione dei cani randagi in Romania, ed in modo particolare in due importanti metropoli, quali Costanza e Cernavoda. Il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini, come è doveroso rimarcare, ha avviato in questo mese di ottobre un’inchiesta in proposito, ed ha fatto sapere tramite un suo recente comunicato ufficiale (datato 14 ottobre) di aver contattato tutte le autorità competenti rumene, senza riscontro alcuno.
“Indegna di un Paese membro dell’Ue” (cosa che la Romania è diventata dal 2007, come ricordiamo). Così Frattini definisce la condizione dei randagi in Romania. Anche su Facebook il Ministro ha lanciato degli appelli in proposito, e non manca di sottolineare come dal mondo politico della Romania nessuno abbia dato risposta alla diplomazia italiana in merito al randagismo. Si direbbe dunque, data la mole di ufficialità scatenata, che sia tutto vero: né pubblicità negativa, né ricorrenti appelli smuovono la macchina politica rumena verso qualche risposta, neppure diplomatica o di circostanza, di fronte all’allarme ed agli appelli lanciati dal Ministero degli Esteri italiano. Tantomeno, a quanto pare, si muove qualcosa in favore di futuri provvedimenti sul problema. I cani randagi, da quelle parti, è come se non esistessero. Stessa considerazione per qualunque voce parli di loro: istituzione nazionale estera, ministero importante, politici di rilievo europeo che hanno puntato l’occhio sulla questione, sono tutti invisibili e muti.
Verrebbe effettivamente da parafrasare le dichiarazioni sdegnate di Frattini: cani o non cani, perfino ammettendo che si possa non amarli o non considerarli più di tanto, è degno di appartenere all’Ue un Paese che non solo non osserva normative valide per le nazioni che ne fanno parte, e non accenna a modificare l’andazzo una volta messo sull’avviso, ma addirittura non dà segno di considerazione nemmeno sottoforma di risposta-contentino, di promessa-da-prete, presa in giro cordiale o altra forma di cortesia? Nulla di nulla. Come dire: non esistete né voi, né tutti i cani randagi di cui andate cianciando.
Anche l’associazione italiana Std ha più volte cercato di attirare sul grave problema l’attenzione pubblica e la sensibilità di animalisti e persone civili in genere, conducendo anche di propria iniziativa utili inchieste. I collaboratori di Std si dichiarano allo stato attuale delle cose riconoscenti per l’intervento del ministro Frattini e per la costanza con cui sta cercando di portare avanti l’opera di intervento. L’ambasciata italiana in Romania, ovviamente, sta giocando anch’essa le sue carte in favore della condizione dei poco fortunati cani rumeni, sebbene per il momento con poco successo.
E dopo le questioni burocratiche e diplomatiche, veniamo ora alla parte davvero centrale del problema randagismo in Romania. Si è dato il via libera alle uccisioni di massa, per le superflue vite dei cani randagi. E questo, dopo che dall’Italia sono stati stanziati fondi (dalle tasche dei contribuenti italiani, cosa che sicuramente a nessuno nel Bel Paese dà fastidio, come è augurabile) perché i cani in Romania potessero essere tutti sterilizzati, come provvedimento preventivo del triste fenomeno del randagismo, che alla lunga va ad arginarlo. O almeno dovrebbe. Perché le alte cariche dello Stato rumeno, dopo aver dato al Ministero degli Esteri italiano blande risposte di ringraziamento, hanno preso lo stesso la loro, di decisione per limitare il numero dei senza padrone: uccisione a tappeto.
Frattini ricorda su Facebook anche l’operato di altre associazioni animaliste italiane, come “Save the Dogs”, che ha condotto una inchiesta su come, in definitiva, si stia provvedendo all’eliminazione fisica di questi cani. Esistono anche dei cruentissimi video che l’associazione è riuscita a girare. Ebbene: si esegue su di loro una iniezione letale nel torace, tenendoli fermi e praticandola direttamente attraverso le reti di recinzione in cui vengono chiusi. Perfino le leggi interne allo Stato rumeno sono così violate, dal momento che prevedono una preanestesia nel caso di iniezioni di questo tipo: un conto è venire prima addormentato, un altro conto è morire di quella sostanza, ed a quanto pare la differenza è molta (a parte il fatto che tali uccisioni di massa nei Paesi Ue sono vietate in ogni caso, e tale sostanza dovrebbe fare da eutanasia solo in caso di malattie incurabili e penalizzanti per la vita dell’animale).
Il denaro pubblico italiano stanziato per le vaccinazioni e le sterilizzazioni, è servito tra il 2006 ed il 2009 a sterilizzare e vaccinare contro la rabbia circa 9 mila randagi in Romania, i quali dunque non costituiscono pericolo per la popolazione. Sono però gli stessi cani che dall’aprile di quest’anno vengono progressivamente uccisi. In barba alla spesa italiana, infatti, in Romania si è pensato di guadagnare sull’inosservanza di qualunque accordo e legge in merito. Ad aprile, infatti, è stata presa con gran nonchalance la decisione del comune di Cernavoda di stipulare un contratto con una ditta privata di Costanza: la Alfmob. Contratto privo di ogni liceità di fronte ad alcune leggi rumene, e più che mai di fronte a quelle della Comunità Europea.
Qui il video girato dal vivo grazie a Save the Dogs, sulle uccisioni di massa praticate da aprile 2010 a questa parte.
S. K.