In occasione del delitto della giovane Sarah Scazzi, all’interno della società italiana si è aperto un acceso dibattito sulla appropriatezza o meno di un giornalismo invasivo rispetto a fatti di cronaca nera. Allo stesso tempo, la discussione si è spesso confusa con la condanna della curiosità da parte del pubblico, per le vicende di cronaca nera.
Platone, nel dialogo Repubblica, racconta un aneddoto che può fornire spunti di riflessione. Dopo aver dimostrato l’esistenza della razionalità, il personaggio di Socrate è giunto a quella parte della nostra anima che muove al desiderio, “quello che le fa provare amore, fame, sete e che ne eccita gli altri appetiti, irrazionale e appetitivo, compagno di soddisfazioni e piaceri materiali”. A questo punto, i dialoganti devono comprendere se l’anima si basi solo su questi due elementi, quello razionale e quello del desiderio cieco. Ed ecco questo aneddoto:
Però, dissi, una volta sentii raccontare un aneddoto, per me attendibile: Leonzio, figlio di Aglaione, mentre saliva dal Pireo sotto il muro settentrionale dal lato esterno, si accorse di alcuni cadaveri distesi ai piedi del boia. E provava desiderio di vedere, ma insieme non tollerava quello spettacolo e ne distoglieva lo sguardo. Per un poco lottò con se stesso e si coperse gli occhi, poi, vinto dal desiderio, li spalancò, accorse presso i cadaveri esclamando: “Eccoveli, sciagurati, saziatevi di questo bello spettacolo”. – L’ho sentito raccontare anch’io, rispose. – Ora, conclusi, questo racconto significa che talvolta l’impulso dell’animo contrasta con i desidèri: si tratta di cose tra loro diverse. – Sí, significa questo, ammise. [Platone, Repubblica, 439 e – 440 a]
L’esempio, che ci viene dalla Grecia del IV secolo, sembra ricalcare le esperienze di curiosità “macabra e negativa” contro cui ci accaniamo. Una curiosità, per Platone, insita nell’uomo.
Ma Platone dice qualcosa di più. Leonzio si arrabbia con se stesso e i propri occhi per quel desiderio. Perchè? Secondo Platone la ragione ha riconosciuto in quella curiosità una “morbosità”, una malattia appunto, ed è intervenuto un impulso dell’anima che contrasta con i sentimenti ciechi del desiderio. Platone, sta introducendo un terzo elemento dell’anima, che chiamerà animoso (più tardivamente tradotto volontà), quello che si allea con la ragione. Da Platone in poi, nella nostra tradizione l‘uomo virtuoso è colui che vince la concupiscenza con l’aiuto dell’elemento animoso, e segue la ragione.
E’ interessante notare come in uno dei passi in cui viene fondata la concezione occidentale dell’uomo virtuoso, Platone si interroghi su un caso in cui è presente quella stessa curiosità che tante controversie ha suscitato in questi giorni col caso Scazzi.
Giulia Antonini