Giustizia, sesso on line nei locali è prostituzione?

Così ha deciso la Corte di Cassazione. Il sesso on line che ormai spopola su net non è più un fenomeno privo di regolamentazione giuridica. La Suprema Corte infatti ha confermato la sentenza della corte di Appello di Firenze con la quale venivano condannati un gestore di night club, la sua segretaria e il responsabile della security. Il reato è grave: violenza sessuale sottoforma di induzione alla prostituzione.

In effetti è moda diffusa oramai nei night club rendere due tipi di servizi. Sia il servizio “live” sia quello via rete internet mediante telecamere che riprendono le spogliarelliste e contestualemente inviano i filmati su net. Proprio questa possibilità di interagire da parte dell’utente,  mediante richieste specifiche che vengono poste alle ragazze tramite rete internet, ha permesso alla Corte di considerare l’atto come prostituzione nonostante i due soggetti si trovino materialmente in due luoghi diversi. Come si può evincere da quanto detto la distanza fisica risulterebbe quasi del tutto irrilevante.

Da tale considerazione discende appunto la possibilità di sanzionare chiunque abbia predisposto le modalità idonee a rendere tale servizio ma anche e soprattutto chi ne tragga guadagno. La sentenza appare ancor più innovativa nella parte in cui permette di sanzionare anche colui che fruisce del “rapporto sessuale“. La posizione giuridica del cliente della prostituta è una posizione da sempre dibattuta in dottrina nel senso che il “negozio giuridico” che intercorre tra lo stesso e la meretrice è considerato lecito. La liceità dello stesso sussiste nel caso in cui la prostituta sia liberamente dedita al “commercio del proprio corpo”. Situazione diversa invece si verifica nel caso in cui la donna sia “indotta” a prostituirsi. In tal caso sarebbe integrata la fattispecie della violenza sessuale di cui all’art. 609 bis del c.p. che sanziona “chiunque induce taluno a compiere o subire atti sessuali”. Di tale reato risponderebbe anche il materiale fruitore del rapporto sessuale come concorrente dell’induttore. Segue una diversa interpretazione l’altra branca della dottrina che considera sanzionabile solo e soltanto colui che induce la donna all’atto sessuale e non anche il cliente.

Nonostante ciò risulta lampante la difficoltà di provare una siffatta situazione di induzione proprio nel caso in cui si tratti di una prostituta. In assenza di una testimonianza della stessa in tal senso sarebbe difficile ricavare con assoluta certezza la costrizione che potrà essere indistintamente di natura morale o materiale.

Ulderico Carbonara