Palazzo Grassi ha fatto da cornice all’incontro Linguaggio e Arte: dire l’indicibile che ha portato lo scrittore premio Pulitzer Michael Cunningham a Venezia.
L’autore di romanzi come Dove la terra finisce, Le ore (tradotto in ben 27 lingue e diventato un film di successo), Carne e sangue, Una casa alla fine del mondo e il recente Al limite della notte (Bompiani), è stato uno degli ospiti della serie di incontri del ciclo Storie dell’arte che porta cronisti, narratori e saggisti a parlare della loro esperienza nei confronti dell’arte a Venezia, negli spazi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana in occasione della mostra Mapping the Studio.
Cunningham ha deciso di parlare della sua idea di Arte partendo dal passato e da un gioco che faceva con il suo amico Peter: Preferiresti, ovvero scegliere tra due opzioni. E una sera, all’epoca del college, tra i due amici iniziò una discussione partendo dalla domanda “Preferiresti salvare da un incendio l’Incoronazione della Vergine di Raffaello o la Fontana di Duchamp?”. Cunningham avrebbe salvato la seconda opzione per l’idea che rappresentava e l’avrebbe scelta anche riformulando la domanda iniziale in un una scelta per salvare l’umanità dalla distruzione da parte degli extraterrestri attraverso una dimostrazione di valore.
Quella serata passata a discutere sul valore dell’arte è rimasta impressa nella memoria dello scrittore che tuttora spesso riflette sull’argomento. Cunningham pensa che l’arte sia in una situazione di incertezza in cui è difficile spiegare cosa sia, anche grazie alle opere di Duchamp, ma su cui si può teorizzare motivazioni e scopi. Tuttavia lo scrittore non prova soddisfazione nell’andare nelle gallerie d’arte dove non trova nulla se non un insieme di opere che vorrebbero incarnare qualche idea, ma che cadono nella banalità. “Nonostante ciò“, spiega Cunningham, “sembra insita nella natura umana la speranza di essere sedotta ed estasiata. Noi – alcuni di noi, in ogni caso – continuiamo ad andare nei musei e nelle gallerie in cerca di trascendenza“.
Proseguendo nella sua riflessione il premio Pulitzer ha voluto analizzare l’evoluzione rapida dell’arte che non è andata di pari passo con quella umana e che quindi lascia spesso interdetti sottolineando come non si può tralasciare nemmeno il valore economico di un’opera perchè il denaro ha avuto ed ha attualmente un grande influsso sull’arte. Quindi è necessario chiedersi chi stabilisce quali artisti siano significativi, quali opere meritino una quotazione superiore od inferiore. Esistono, infatti, tutta una serie di espedienti per spingere i visitatori di un’esposizione a provare maggiore o minore interesse davanti ad un’opera, proprio come un commerciante usa degli strategemmi per vendere la merce invenduta ad insaputa degli acquirenti. Per questo Cunningham a volte vorrebbe gridare che si è davanti ad una truffa: le opere presentate spesso non sono superiori alla comprensione di chi le guarda, ma sono loro a non essere all’altezza delle persone. Questo atteggiamento critico lo ha utilizzato anche nella sua attività di scrittore, specialmente nel creare il personaggio di Peter, il protagonista del suo ultimo romanzo Al limite della notte, che non è mai appagato da un’arte ormai priva di bellezza. Il lavoro e gli eventi narrati nel suo libro lo hanno quindi portato a capire una cosa: da giovane si era trovato a difendere Duchamp perchè in realtà lo associava mentalmente alla letteratura che richiede non solo gli occhi e il cuore ma anche la testa ed un insieme di conoscenze che è necessario possedere.
Cunningham arriva quindi alla conclusione di temere che l’arte contemporanea sia solo l’incarnazione di un’idea e che una volta compresa questa l’oggetto perda di interesse senza avere degli aspetti più profondi ma questo non ferma le persone. “Continuiamo ad amre l’arte, vogliamo ancora vedere cosa c’è in giro, là fuori, anche se, come un amante difficile, il più delle volte ci delude. Sospetto che non siamo solo innamorati dell’arte in sé, ma del desiderio di crearla” afferma Michael Cunningham. Questa consapevolezza lo porta quindi ad esporre la sua idea. L’arte contemporanea potrà anche essere facile da capire senza possedere alcun mistero, ma rimarrà sempre il più grande mistero umano: quello dell’ostinarsi nel creare arte nonostante le poche probabilità di successo e i problemi quotidiani. Raffaello diventa quindi legato a Duchamp perchè parte di uno stesso percorso destinato a non finire mai: esisterà sempre qualcuno che aspira a lasciare un capolavoro,a superare i propri limiti o più semplicemente a realizzare qualcosa che parli dell’umanità. L’aspirazione a migliorarsi, a cercare di creare qualcosa di nuovo è quello che, secondo Cunningham, rende la vita sulla terra degna di essere salvata.
Beatrice Pagan