L’ex questore di Milano, Vincenzo Indolfi, conferma che, il 27 maggio scorso, ai suoi collaboratori arrivò una telefonata dalla presidenza del Consiglio in cui si chiedeva di riservare una particolare attenzione nella gestione della vicenda della giovane Rachida R. (detta ‘Ruby’), fermata in seguito a una denuncia per furto. La straordinarietà del trattamento venne giustificata col fatto che la diciassettenne marocchina era “nipote” del presidente egiziano, Hosni Mubarak.
“Ma sì, qui di telefonate ne arrivano a decine: ministri, parlamentari, personaggi pubblici”, ha affermato Indolfi, intervistato dalla ‘Stampa’. “Ognuno ha un suo problema, di scorte, di ordine pubblico – ha aggiunto l’ex questore – se anche arriva una telefonata della presidenza del Consiglio, non è che uno si deve scandalizzare”.
Indolfi conferma anche le ricostruzioni fatte dai giornali e quella telefonata “pesante” al suo capo di gabinetto, Pietro Ostuni. “Ma non è che chiedevano proprio di rilasciarla – spiega l’ex questore – più che altro si raccomandavano, visto che era minorenne, di fare quel che dovevamo fare, ma di gestire la cosa nel modo più corretto possibile. Così il mio capo di gabinetto ha chiamato la centrale operativa per informarsi”. Nella telefonata si diceva “una cosa tipo: ‘E’ vero che avete fermato quella persona? Allora fate gli accertamenti, poi vedete cosa fare’“. Si sosteneva che Ruby fosse nipote del presidente egiziano. “Se non sbaglio – continua Indolfi – dicevano che era una sua parente. Sì, mi sembra la nipote”. L’ex questore garantisce, tuttavia, che la giovane non fu scarcerata subito e furono “rispettati tutti i crismi delle regole e della procedura. Anzi è rimasta qui anche più del dovuto”. Fu un pm della Procura minorile, aggiunge Indolfi, “a darci il benestare per affidarla alla consigliera regionale”, Nicole Minetti.
Raffaele Emiliano