Caso Ruby: l’interrogatorio di Indolfi e le lezioni di vita di Bossi

Un’Italia decisamente immatura.

E stavolta non stiamo a parlare dei bamboccioni che, senza lavoro né prospettive per il futuro, hanno il coraggio di attardarsi sotto il tetto paterno chiedendosi di quali colpe si siano macchiati nelle loro vite precedenti per ritrovarsi a vivere in una nazione che sembra essere un po’ come quegli alunni che non studiano, se ne fregano e fanno pure gli spacconi sentendosi furbi al cospetto di chi invece si impegna.

Ciò di cui si parla qui è dei nostri politici. Niente di nuovo sotto al sole, qualcuno penserà. Beh sì, ma è anche vero che bisogna ammettere che negli ultimi tempi gli onorevolissimi eletti si sono perfezionati: se prima potevamo parlare di azioni di governo immature, di scelte strampalate e di personaggi bizzarri, oggi al centro delle attenzioni – e date voi il significato che ritenete più opportuno a questo termine – del governo ci sono vicende, aneddoti e fatti che avrebbero più a che fare con una scolaresca in gita d’istruzione.

Dopo la bionda Noemi, la mora Ruby. Il caso beffardo vuole che siano state entrambe minorenni nel momento in cui hanno avuto a che fare con il governo e nella fattispecie con il suo primo ministro, ahilui, settantatreenne.

La giusta nemesi per una legislatura incapace di fare quattro passi di fila senza barcollare? Forse.

Mentre le cronache riportano la notizia dell’interrogatorio del procuratore aggiunto Ilda Boccassini all’ex questore Vincenzo Indolfi con l’intenzione di chiarire cosa sia successo quella sera in cui una ragazza minorenne, dopo essere stata trattenuta dalla polizia, veniva prima spacciata per la nipote del capo di stato egiziano e poi rilasciata, dopo una telefonata del milanese Silvio Berlusconi; oggi, a dire la sua, è intervenuto un altro onorevolissimo: quell’Umberto Bossi che per anni è andato per comizi a rivendicare la turgidità del suo partito.

Direttamente dalla sagra della zucca, il Senatur ha ripreso l’incauto Silvio: “Quella telefonata alla questura di Milano avrebbe dovuto farla fare a qualcun’altro – ha detto ieri il Senatur – e, magari, avrebbe potuto farsi consigliare da me o da Maroni”.

Ma d’altronde scaltri rubacuori si nasce, mica lo si diventa.

Nemmeno a settantatre anni.

Simone Olivelli