Ex Birmania, domenica per la prima volta al voto dopo vent’anni

Il 7 novembre sarà una data storica per i cittadini di Mynamar. Il regime dittatoriale, che governa con pugno di ferro l’ex Birmania, ha deciso di concedere le prime elezioni libere nazionali dal 1990. Elezioni che sono già offuscate dalle molte denuncie di brogli e irregolarità.

Circa 29 milioni di cittadini sono chiamati a votare per rinnovare il Parlamento del paese, da cui uscirà anche il nuovo presidente. Sebbene una legge contenuta nella Nuova Costituzione del 2008 riservi un quarto dei seggi ai militari, molti osservatori ritengono che queste elezioni costituiscano un primo passo verso la lenta democratizzazione della ex Birmania. Di questo avviso una delle principali forze di opposizioni del governo: il Partito democratico guidato dal veteraneo Thu Wai, che ha dichiarato “Meglio una consultazione irregolare che nessuna consultazione”. Nonostante ciò, è stato proprio il Partito democratico, insieme alla Forza democratica nazionale (Ndf) a denunciare oggi i brogli realizzati dall’Unione per la solidarietà e lo sviluppo (Usdp) che starebbe raccogliendo irregolarmente voti in anticipo.

L’Unione per la Solidarieta’ e lo Sviluppo è il potente partito dell’attuale primo ministro Thein Sein, che, in queste elezioni, può contare con oltre 1000 candidati. Altrettando favorito, con 900 candidati, è il partito di Unità nazionale, appoggiato anch’esso dai militari, che potrebbe decidere le sorti del futuro parlamento birmano.

La grande assente di queste votazioni è il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari da vent’anni. Nel 1990, il suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia, vinse con grande maggioranza le elezioni, ma la giunta militare annullò i risultati e, con un colpo di stato, si impadronì del potere. Aung San non ha potuto candidarsi a queste elezioni perchè una legge impedisce a chiunque stia scontando una pena detentiva di candidarsi o di far parte di qualsiasi partito politico. La grande oppositrice del regime ha chiesto allora ai cittadini di boicottare le elezioni e di non recarsi alle urne. Il timore del partito è che queste elezioni costituiscano solo una maniera per rafforzare ulteriormente il potere della giunta militare. Un timore accresciuto dalla decisione dei generali di vietare la presenza di qualsiasi giornalista o osservatore straniero.

(nella foto Aun San Suu Kyi)

Annastella Palasciano