Università: sì della Camera al ddl. Adesso tocca al Senato

E alla fine il ddl del ministro Gelmini riesce a superare lo scoglio della Camera. A conclusione di una lunga giornata di discussione, scandita dal doppio “sgambetto” teso dai finiani al governo, il testo modificato in alcune parti ottiene la promozione tra i deputati con 307 sì, 252 no e 7 astenuti. La riforma torna adesso al Senato, preannunciando scontri accesi tra maggioranza e opposizione sulla tempistica di voto.

Il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finiocchiaro, ha chiesto che il ddl venga sottoposto alla votazione dell’Aula dopo il 14 dicembre, auspicando che il governo non riesca a incassare la fiducia che gli permetterà di andare avanti. Una richiesta che, come prevedibile, ha suscitato aspre polemiche tra gli esponenti della maggioranza che puntano piuttosto a portare a casa il provvedimento targato Gelmini prima della giornata fatidica di metà dicembre che potrebbe – di fatto – tradursi in una disastrosa battuta d’arresto.

A decidere sulla calendarizzazione del voto ci penseranno domani i capigruppo dei partiti al Senato, convocati dal presidente Renato Schifani. La discussione si preannuncia accesa, con i finiani che hanno già anticipato che acconsentiranno alla votazione prima del 14 dicembre solo se verrà raggiunta un’intesa tra tutti i gruppi. Quasi una mission impossible.

Intanto ieri sera il ministro Mariastella Gelmini ha espresso soddisfazione per il via libera della Camera: “L’approvazione della riforma è un fatto importante – ha scandito – uno tra i più importanti della legislatura. Spiace averlo dovuto fare in un clima di tensione sociale. Ho sempre detto di avere il massimo rispetto per chi protesta, ma i toni di oggi sono stati eccessivi e non giustificabili alla luce dei contenuti della riforma”.

Un concetto ribadito dal presidente del Consiglio che, rivolgendo l’ennesimo elogio al governo del fare, ha puntato l’indice contro l’opposizione istigatrice di disordini: “L’approvazione della riforma – ha spiegato Berlusconi – è un altro obiettivo raggiunto dal governo del fare. E’ la dimostrazione che l’esecutivo prosegue nella sua azione riformatrice, mantenendo gli impegni presi con gli italiani. Cultura, scuola e università – ha aggiunto – sono da sempre settori occupati dalla sinistra che oppone resistenza a ogni tentativo di scardinare rendite di posizione e privilegi. Questo governo è stato eletto per cambiare e riformare anche questi settori. Con la riforma – ha concluso – si dà un colpo mortale a parentopoli”.

Ma la discussione di ieri nell’Aula di Montecitorio è stata particolarmente accesa. Da una parte all’altra dell’emiciclo, infatti, i capigruppo hanno espresso posizioni contrastanti sul ddl, considerato da molti il tentativo di procedere (seppure in modo parziale) verso la giusta direzione, da altri invece l’ennesimo atto di forza di un governo incapace di scommettere sul futuro e irrimediabilmente segnato dalle forbici del ministro Giulio Tremonti.

“Dietro questa pseudoriforma – ha tuonato il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro – c’è la volontà di tenere i nostri giovani nell’ignoranza, come si usa nei più abnormi regimi. La Gelmini ha accettato di essere un ministro azzoppato, perché tutti i poteri ormai se li è presi Tremonti”.

“Non avrete tempo – ha invece avvisato il capogruppo dei democratici, Dario Franceschini – per far diventare questa riforma, fatta solo di alibi e slogan, una legge e l’arroganza che usate per approvarla è l’ultimo atto di debolezza di una maggioranza senza muscoli”. Severo anche il giudizio dei centristi: “Avete obbligato la Camera a tappe forzate – ha detto Luisa Capitanio Santolini dell’Udc – solo per vantarvi che siete il governo del fare senza preoccuparvi di quello che accadrà all’Università ed alla ricerca italiana. Noi restiamo fortemente critici su una riforma che resterà sulla carta“.

Il sì di Fli, infine, ha avuto il sapore dell’ultimo atto di distensione. Come ha precisato Benedetto Della Vedova che ha parlato di “ex maggioranza” e “dell’ultimo voto a favore del governo”: “Come si è visto – ha rincarato il finiano – senza di noi il governo non ha i numeri per andare avanti”. Una considerazione che sa di sinistro presagio, anticipato all’esecutivo di Silvio Berlusconi per “accompagnarlo” verso il de prufundis di metà dicembre.

Maria Saporito