E’ polemica in Israele sull’incendio che da ieri sera brucia nei boschi del Monte Carmelo a nord del Paese. Già 42 morti, 20.000 persone sfollate e 4.000 ettari di bosco danneggiati. Le critiche che si inseguono sulla stampa nazionale puntano il dito soprattutto contro il ministro dell’Interno Eli Yishai, incapace di gestire prontamente la situazione, insieme ad un corpo dei vigili del fuoco da “terzo mondo”.
Anche se le autorità escludono rischi per i centri abitati, grazie al vento che spinge le fiamme verso il mare, i vicini villaggi di Issafiyah e Beit Oron sono stati comunque sgomberati. La situazione, comunque, nonostante le 25 squadre di soccorso intervenute da ieri, non sembra migliorare. In serata il premier Netanyahu aveva invocato aiuti internazionali, appellandosi anche all’Italia e alla Protezione Civile. Chiamata in causa anche la Russia, che dispone di efficienti velivoli anti-incendio e Cipro. La risposta della comunità internazionale è stata immediata, con i primi aiuti che sono arrivati già stamattina.
Intanto il pericolo del propagarsi dell’incendio ha costretto anche a svuotare intere cittadine, come quella di Tirat Carmel, nella quale sono state sgomberate anche le scuole e l’ospedale. Finora l’episodio più grave resta quello di un bus della polizia con a bordo detenuti che venivano evacuati da una prigione della zona, minacciata dalle fiamme.
Il presidente americano Obama, di fronte al peggior disastro naturale della storia di Israele ha espresso le sue “più sincere condoglianze”, dicendosi pronto per un aiuto (“Gli Stati Uniti prenderanno misure per aiutare i nostri amici israeliani”). Da Washington è arrivato oggi un Boeing 747 pieno di ritardanti chimici per spegnere le fiamme. Già attivi anche gli aiuti di Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Croazia, Russia e Azerbaijan, che hanno inviato aerei anti-incendio per contenere i danni.
In giornata, intanto, si attendono anche le decisioni del governo israeliano, che si incontrerà per un confronto sulla gestione dell’emergenza.
Cristiano Marti