Nobel Liu Xiaobo: diciannove i Paesi disertori

Idealismo o pragmatismo? Appoggiare con la propria presenza fisica le idee di Liu Xiaobo per una democratizzazione della vita pubblica in Cina – sempre che la libertà democratica sia concepita come un valore assoluto anche nel proprio Paese di provenienza – o stare attenti a non stuzzicare troppo l’ira del Dragone Rosso, capace di vendicarsi con ritorsioni economiche?

Quanti Paesi avranno dovuto affrontare questo bivio non ci è dato saperlo, però possiamo dire con certezza che saranno diciannove le nazioni che non prenderanno parte alla cerimonia di assegnazione del Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo.

Ma l’assente più illustre alla premiazione, prevista per il prossimo venerdì ad Oslo, sarà proprio il vincitore. In questo caso, però, non si tratta di una scelta autonoma, tutt’altro. Come ormai risaputo, Liu Xiaobo, oggi cinquantaquattrenne, è in carcere dove sta scontando una pena a undici anni di reclusione, infertagli dopo essere stato ritenuto colpevole del reato di incitamento alla sovversione del potere dello Stato. Il tutto fu conseguente alla sottoscrizione da parte di Liu e di altre decine di dissidenti di un documento, Charta 08, dove si esprimeva il bisogno per la Cina di attuare riforme in favore della democrazia.

Il premio non potrà ritirarlo nemmeno la moglie di Liu, poiché messa agli arresti domiciliari esattamente due mesi fa.

Tuttavia la cerimonia cercherà di tenere viva la presenza, anche se spirituale, di Liu Xiaobo. Infatti, la sua assenza sarà sottolineata da una sedia vuota su cui sarà posata una  sua fotografia e dalla lettura da parte dell’attrice Liv Ullmann di uno dei testi scritti dall’intellettuale. Inoltre, dovrebbero intervenire anche quaranta esuli cinesi.

Per dovere di cronaca, i Paesi che – ufficialmente per svariati motivi – non saranno presenti ad Oslo sono: Russia, Kazakhstan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Serbia, Iraq, Iran, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Cuba e Marocco.

Simone Olivelli