Fiat, Marchionne: “La Fiom blocca il Paese”

“Fanno dichiarazioni all’impazzata. La loro intransigenza andrà a bloccare lo sviluppo del Paese”. E’ ancora scontro frontale tra l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, e la Fiom, sola tra i sindacati a dire no all’uscita temporanea della Fiat da Confindustria, in attesa di un contratto dell’auto.

Il progetto dell’ad Fiat prevede, in cambio dell’investimento nello stabilimento di Mirafiori, la cancellazione del contratto dei metalmeccanici, ma anche aumenti in busta paga a seguito di una maggiore produttività, e la riscrittura di un nuovo contratto ad hoc per il settore dell’auto. Una volta realizzato ciò, potrà di nuovo compiersi l’unione tra Fiat e Confindustria, altrimenti – minaccia Marchionne – il Lingotto investirà altrove.

Intanto, la Fiom dichiara di aver già raccolto oltre 2.500 adesioni alla petizione in cui chiede di non replicare nello stabilimento torinese di Mirafiori il modello Pomigliano. Secca la replica di Marchionne, secondo il quale “se le firme sono vere, i lavoratori non vogliono l’investimento. All’amministratore delegato della Fiat fa eco il leader di Confindustria Emma Marcegaglia, convinta che il piano non sia stato spiegato bene agli operai. Da parte di Fiat, spiega la Marcegaglia “c’è la riconferma di un investimento importante, non c’è nessuna richiesta folle e non c’è nessuna lesione dei diritti”.

“Io voglio il contratto – sottolinea Marchionne – chi sostiene che lo si stia scardinando dà una sua interpretazione”. Non c’è alcuna intenzione di minare i diritti dei lavoratori, spiega l’ad, serve solo più flessibilità.

L’incontro a New York tra Marchionne e la Marcegaglia ha portato dunque ad una intesa. “La newco di Mirafiori tra Fiat e Chrysler nasce fuori da Confindustria”, annuncia il numero uno degli industriali riferendosi al piano-Mirafiori presentato da Marchionne che prevede proprio l’intesa con la casa statunitense. “Lavoriamo da oggi – prosegue la Marcegaglia – Confindustria, Fiat e Federmeccanica, per fare un contratto auto in linea con le esigenze di Fiat. Appena ci sarà, Fiat rientrerà in Confindustria”.

Una posizione che l’associazione degli industriali “è pronta ad assumere nei confronti di tutti”, non solo del Lingotto, perché è necessaria e “più produttività, anche per avere stipendi più alti” e perché Confindustria “tiene alla coesione sociale”.

Marchionne  spera “che le reazioni dei lavoratori saranno positive”, altrimenti – fa sapere – “l’investimento non si fa”. “Ci sono tantissimi siti produttivi – minaccia l’amministratore delegato – La Fiat è un grande gruppo con 240 mila dipendenti di cui meno di un terzo in Italia. Certo, sarebbe un grandissimo dispiacere”.

L’alternativa, il famoso ‘piano B’, c’è e porta agli Stati Uniti dove “c’è stato un accordo fra Governo, sindacati e azienda: tutti hanno fatto sacrifici” e dove – sottolinea Marchionne – c’è una differenza “di atteggiamento anche nei rapporti sindacali: un modello che per il momento funziona”.

Non si possono fermare gli investimenti, non posso aspettare – aggiunge l’ad – La macchina mi serve. La macchina deve stare nel mercato nel 2012. I conti alla rovescia siamo bravi tutti a farli”, ma la necessità della Fiat è di “lavorare e sviluppare” i propri modelli.

Dal fronte sindacale arriva la voce carica di rabbia di Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, il quale ricorda che “sono stati i lavoratori a dire no, nelle assemblee a Mirafiori, a un accordo modello Pomigliano e all’uscita della nuova società dal contratto nazionale”. “Siamo alla crisi conclamata dell’associazione degli imprenditori e del sindacalismo che pensava alla riduzione del danno”, sentenzia il sindacalista.

Secondo Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, “le capovolte della presidente di Confindustria servono nei fatti a coprire la volontà della Fiat di far diventare gli stabilimenti italiani quelli in cui si delocalizzano le produzioni e si cancellano i diritti”. Sulla stessa linea Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale Fiom, secondo il quale “quello della signora Marcegaglia è un atto di sudditanza tale che dovrebbe fare indignare anche gli industriali”.

Più morbida la linea seguita da Fim e Uilm.

Bruno Vitali, segretario nazionale della Fim, si dice pronto “a gestire una fase che preveda l’uscita temporanea da Confindustria purché poi ci sia un rientro nel sistema”. Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, “in una scala di priorità, il primo punto è l’investimento e il secondo definire quali criteri occorrono per mettere al sicuro l’investimento. A quel punto – spiega il sindacalista più volte contestato dalla frangia più radicale dei lavoratori – Marchionne può dare la sua opinione, noi la nostra”.

Raffaele Emiliano