Julian Assange potrebbe presto tornare libero. Dopo che ieri il giudice inglese Howard Riddle gli aveva concesso la libertà vigilata dietro una cauzione di 240 mila sterline, la magistratura svedese ha presentato ricorso contro la decisione, che ora sarà ridiscussa davanti all’Alta Corte di Londra.
Assange, quindi, resta in carcere. Pronto, però, ad essere accolto a braccia aperte da chi si sta mobilitando per il pagamento della cauzione, e da chi ha sposato la causa di Wikileaks: dai registi Michael Moore e Ken Loach al corrispondente di guerra Vaugham Smith, presidente di Frontline (l’ultimo luogo di soggiorno di Assange prima dell’arresto). Lo stesso Smith si è detto disposto ad offrire 60 mila sterline per contribuire al pagamento della cauzione, mettendo anche a disposizione anche la sua villa del Suffolk per ospitare il leader di Wikileaks durante il periodo degli arresti domiciliari.
Quello dell’ex eroe inglese è diventato anche un appello di civiltà al suo Paese: “Non si tratta più di stabilire se Wikileaks facesse bene o male. Si tratta di prendere posizione per resistere contro la prepotenza e di interrogarsi sul fatto se il nostro Paese, in questo momento storico, sia il luogo tollerante, indipendente e aperto a cui sono stato educato a credere e che dovrebbe essere.” Sì perché l’Inghilterra, Paese dove Assange è detenuto, potrebbe paradossalmente essere la terra più sicura per il moderno Robin Hood che con i suoi segreti sta sconvolgendo la diplomazia mondiale. La Svezia insiste con l’estradizione, l’Australia (la sua terra di nascita) vorrebbe processarlo per spionaggio. Per non parlare degli Stati Uniti, dove infiamma il dibattito sulle iniziative giudiziarie da intraprendere contro Assange.
Federico Rampini, su Repubblica di oggi, svela retroscena i retroscena sulle ultime mosse di Washington: uno dei legali di Assange sostiene che l’Amministrazione Obama avrebbe incaricato un “Gran giurì segreto” di studiare i capi d’accusa. Uno dei reati potrebbe essere quello teorizzato da John Bellinger, ex consulente legale del Dipartimento di Stato: “La diffusione di informazioni riservate da parte di Wikileaks è stata estremamente dannosa per gli Stati Uniti. Il reato contro la sicurezza nazionale è perseguibile ai sensi dell’Espionage Act, che condanna la volontaria diffusione di informazioni da parte di chi sa di creare danno alla difesa del Paese.”
Vaugham Smith è di un’altra opinione: “Julian ha avviato qualcosa di sismico, ma inevitabile, che deriva dalla comunicazione moderna e non può essere fermato. Un giorno potremmo essere governati meglio. La vendetta delle autorità dimostra debolezza e non aiuta ad affrontare le sfide dei nostri tempi.”
Cristiano Marti