87.469 dollari (circa oltre 65.700 euro) è la cifra spesa da un ignoto acquirente per assicurarsi la bara di Lee Harvey Oswald, il presunto assassino di John Fitzgerald Kennedy. L’ex presidente statunitense fu ucciso il 22 novembre del 1963 a Dallas, da un colpo di pistola. Il suo assassino fu immediatamente arrestato, ma fu ucciso due giorni dopo da Jack Ruby, uno squilibrato proprietario di una discoteca, probabilmente assoldato da qualcuno.
L’asta, partita dalla cifra di 1.000 dollari, è stata battuta a Los Angeles. La bara, in legno di pino e danneggiata dall’acqua, era naturalmente vuota, poiché la salma di Oswald era stata spostata nel 1981. Infatti, in seguito alle polemiche circa la reale presenza dell’assassino di JFK all’interno della bara, il cadavere fu riesumato e sottoposto al test del DNA. L’esito confermò che i resti appartenevano veramente a Oswald e allora furono sistemati in una nuova bara presso lo Shannon Rose Hill Memorial Park di Fort Worth.
Tuttavia, il feretro dismesso era stato conservato da un’agenzia texana di pompe funebri e improvvisamente l’impresario Allen Baumgardner ha deciso di metterlo all’asta, considerando i potenziali introiti. E non aveva torto, come conferma Nate D. Sanders, battitore della casa d’aste di Santa Monica: “Tutto ciò che riguarda in qualche modo l’assassinio di JFK si vende molto bene”.
Oltre al feretro in cui ha riposato Oswald per quasi vent’anni, nel corso dell’asta di Los Angeles sono stati venduti anche altri cimeli. Vi erano infatti alcuni utensili usati per imbalsamare il cadavere di Oswald, il certificato di morte con il suo nome, un biglietto di auguri di Pasqua che aveva scritto al fratello e un frammento del sedile della limousine su cui sedeva il presidente Kennedy al momento dell’uccisione.
Un acquisto stravagamente portato a termine da un anonimo compratore. “Non ho mai venduto una bara prima d’ora – conclude il battitore Sanders – Ero scettico all’inizio, ma poi mi sono ricreduto. È il pezzo più insolito che abbia mai avuto”. L’unica speranza è che questo ripugnante oggetto d’antiquariato non trovi mai posto in qualche facoltoso salotto.
Emanuele Ballacci