Ed eccoci arrivati alla ultima pagella riguardante il circus della F1. Dopo aver analizzato la stagione dei piloti più veloci, aggressivi ed anche deludenti, è giunto il momento di chiudere con una delle più gradite ed inaspettate sorprese dell’anno, capace di mutare radicalmente l’aspetto e il percorso dell’intero mondiale targato 2010. Mark Webber si presentava sulla griglia di partenza come fido scudiero ed alleato del promettente Sebastian Vettel. Da una parte il solido ed esperto australiano con il compito di proteggere il tanto veloce quanto giovane tedesco. Una coppia perfetta, una stabilità di ruoli già prevista, salvo poi essere rovinata dalla voglia di vittoria e fama di Mark, stufo di essere considerato l’eterno secondo. E da lì in poi è scoppiata una vera e propria tempesta.
Ricerca della messa a punto
Webber non ha mai avuto la stoffa del campione assoluto e mai l’avrà. Sin dal suo debutto in F1 si era capito che il pilota era veloce, ma non poteva certo reggere il confronto con piloti del calibro di Schumacher, Alonso prima e Hamilton, Vettel poi. Eppure non per questo si è voluto arrendere, bensì ha continuato a lottare finchè il destino non gli ha riservato una macchina velocissima capace di portarlo in cima alla classifica mondiale. Una occasione davvero preziosa che finalmente ha permesso all’australiano di giocarsi un mondiale. Merito però va’ anche alla Red Bull, innovatrice e maestra per le soluzione adottate (ali flessibili, scarichi bassi), con un Adrian Newey padre di una vettura molto più veloce della concorrenza. Meglio di così difficilmente si poteva fare, ma grava anche l’ipocrisia portata avanti con l’argomento “giochi di scuderia”. Tutti i team ne fanno uso, Red Bull compresa. Il 9 è più che meritato, però bisogna finirla con questa presa in giro collettiva che non piace più a nessuno.
Comportamento in qualifica
Il comportamento di Webber è forse stato il più particolare dell’anno. Partito totalmente in sordina, perfettamente in linea con l’immagine di “eterno secondo”, dalla Malesia in poi qualcosa è scattato. Ben cinque pole position segnate, tra cui una nel celeberrimo tracciato di Monaco e un’altra addirittura a Spa, circuito dei più affascinanti e difficile del calendario. In particolare vi è stato un periodo, concentrato nella prima parte dell’anno, ove Mark sembrava essere entrato in una forma psico-fisica assolutamente perfetta. Prestazioni di limpida bravura. Solo quando la pressione ha cominciato a salire allora qualcosa è venuto a mancare, ma rispetto al passato vi è stato una sorprendente crescita nonostante l’eta oramai non più giovanissima.
Comportamento in gara
Quattro vittorie una più bella dell’altra. Dominio totale ed imbarazzante in Spagna e Montecarlo, ove ha mostrato una superiorità netta rispetto agli altri piloti. Primo posto in Gran Bretagna figlio di pura grinta e rabbia dopo essere stato trattato malamente dal proprio box, con pubblica denuncia via radio. Inaspettato trionfo in Ungheria grazie ad una ingenuità di Vettel ed un suo micidiale recupero nelle fasi finale della gara. Quattro avvenimenti intensi e spettacolari, tutti costruiti da un pilota perfetto e concentrato. Vi sono però anche i brutti episodi, tutti caratterizzati dalla pressione ed agitazione. Il terribile volo a Valencia, le difficoltà di Monza ed Abu Dhabi, il fatale errore della Corea. Nei momenti più delicati e difficili Webber non ha brillato, mostrando importanti lacune nonostante l’ormai grande esperienza in Formula uno.
Pressione psicologica
Ed ecco il punto davvero dolente. Saper gestire il proprio stato emotivo è fondamentale quanto andare veloci in pista. Sin a due anni fa Webber non aveva di questi problemi. Doveva si portare a case dei punti, ma l’obbiettivo non era mai vincere gare o addirittura giocarsi un mondiale. Una enorme novità che ha destabilizzato la sua condizione. Bravo nell’essere riuscito a rimanere veloce durante tutto l’arco del campionato, ma ad ogni week-end di gara fondamentale per il titolo vi sono stati pesanti errori che alla fine hanno facilitato il recupero degli avversari. Se però il suo team non lo avesse lasciato da solo, forse vi sarebbe stato davvero un lieto fine.
VOTO
Un combattente tenace che ha voluto rischiare e purtroppo ha perso tutto in poche ma delicate appuntamenti. Il contratto con Red Bull è stato prolungato ancora per il 2011 e, se tutti i pezzi del puzzle andranno al posto giusto, allora vi sono concrete possibilità di giocarsi per la seconda volta un mondiale. Quest’anno il risultato è certamente positivo, e comunque sia la sua carriera ha subito una importante evoluzione in positivo. Bisogna vedere se però tutto questo è stato solamente una breve ed intensa parentesi oppure l’inizio di una nuova vita agonisticamente parlano. Il voto finale è un 7. Più che sufficiente ma non ancora al livello dei migliori piloti del circus. Merita un’altra possibilità il simpatico Mark, sempre che la sua squadra glielo permetta.
Riccardo Cangini