“Lo Stato italiano è un delinquente abituale. Basta considerare che le nostre carceri sono strumenti di tortura”. L’ex deputato radicale, ora leader di ‘Nessuno tocchi Caino’, Sergio D’Elia, intervistato dal quotidiano ‘il Riformista’, difende la scelta del Brasile di non concedere l’estradizione a Battisti e grida “onore a Lula“.
“La nostra classe politica sta ragionando secondo la logica parabrigastista del ‘colpirne uno’, e cioè Cesare Battisti, per assolverne cento“, sostiene D’Elia, con alle spalle un passato grigio da terroristica nell’organizzazione ‘Prima linea’ per cui ha scontato 12 anni di carcere, in seguito all’assalto al carcere di Firenze in cui nel 1978 perse la vita un agente di polizia.
“Non c’è dubbio che la scelta delle autorità di un paese democratico come il Brasile dev’essere rispettata”, dichiara il leader di ‘Nessuno tocchi Caino’, secondo il quale “l’Italia non ha l’autorità politica nazionale e internazionale per protestare con chicchessia. Un Paese che è stato condannato decine di volte dalla giustizia europea per come gestisce carceri e tribunali non ha titoli per chiedere al Brasile la consegna di Battisti”.
“Guardiamo al numero di morti nelle carceri italiane, pensiamo al sovraffollamento di strutture che sono, di fatto, degli strumenti di tortura. Finire in galera in Italia è – a detta di D’Elia – come essere condannati a morte. Per questo io dico che è meglio Battisti libero in Brasile che Battisti in una prigione italiana”.
Quella dell’ex deputato radicale è una difesa a tutto campo dell’ex terrorista condannato in Italia per quattro omicidi.
“Secondo la Costituzione – ricorda D’Elia – il carcere serve a rieducare. E io sfido chiunque a sostenere che il Battisti di 35 anni fa sia lo stesso Battisti di oggi. Il Battisti del delitto non è lo stesso uomo della pena. Per cui, Costituzione alla mano, non dovrebbe andare in galera”.
Quanto ai parenti delle vittime, “le loro sono le uniche istanze sacrosante. Quelle dei vari La Russa, quelle della destra e della sinistra, sono ridicole. I parenti delle vittime, in realtà, sono stati traditi non da Battisti, ma dallo Stato italiano. E non ce l’ho col governo Berlusconi. Ma con cinquant’anni di un regime partitocratico che ha sottratto a questo Paese le leggi, le garanzie e i diritti. E che ha commesso delitti su delitti”. D’Elia fa qualche esempio: “Questo è uno Stato che si è macchiato del sangue di molte stragi – sottolinea – Piazza della Loggia, Piazza Fontana, l’Italicus: quando non si trovano gli autori, la strage diventa automaticamente ‘strage di Stato’. Parliamo di decine di vittime e di centinaia di parenti delle vittime, altro che dei delitti di Battisti”.
“Tutti, adesso, urlano ‘in galera’ all’indirizzo di Battisti soltanto per assolvere se stessi. Ripeto: tutti seguono la logica parabrigatista del colpirne uno per assolverne cento. I crimini commessi da Battisti sono orrendi. Ma un delinquente abituale come lo Stato italiano non ha i titoli per insegnare niente ha nessuno“.
Raffaele Emiliano