“Aspettiamo di verificare i numeri che ci aveva prospettato Berlusconi. Ma è chiaro che per fare le riforme necessitano numeri forti. Abbiamo tutto gennaio per verificare se è necessario andare a votare il 27 marzo”.
“So che Berlusconi ha i numeri per adesso. Per adesso si va avanti. La via maestra taumaturgica sono le elezioni“.
Il nuovo anno politico, conclusosi all’insegna della rinascita del Cavaliere uscito vittorioso dalla battaglia parlamentare (e non solo) del 14 dicembre scorso, si era aperto ieri con gli ultimatum della Lega Nord, decisa a rinunciare alle tanto auspicate elezioni anticipate solo in cambio di una blindata e rapida approvazione dei decreti attuativi per il federalismo.
“Giusta e sacrosanta” la sollecitazione ad approvare il federalismo fiscale – ha commentato Fabrizio Cicchitto a nome del PdL – tuttavia “definire il giorno e quasi addirittura l’ora nella quale tutto ciò deve essere fatto, vale come sollecitazione polemica ma non come scadenzario rigido e così predeterminato“.
La realtà è che Berlusconi non può garantire l’approvazione del federalismo “100% Lega”, dato che i finiani, decisivi in commissione, potrebbe decidere di porre il veto su alcuni passaggi del testo.
Per di più proprio Fli, per bocca di Briguglio, ha chiarito che il neonato Polo della Nazione assumerà sui decreti attuativi una posizione comune; un elemento che, considerati gli equilibri numerici delle commissioni, obbligherebbe la Lega alla ricerca del compromesso anche con i centristi dell’UdC, cui Bossi ha ancora oggi chiuso le porte, spiegando che “penso sia difficile trovargli un ruolo. Che ruolo puoi dare a un partito che non ha fatto le elezioni con te?”.
Non è da escludere, quindi, che al di là della solita retorica del “celodurismo” padano, le dichiarazioni di Calderoli e Bossi sfocino realmente in una situazione di stallo risolvibile solo con nuove elezioni da convocarsi a marzo o, come prospettato in ambienti di palazzo, la prima settimana di maggio.
Per quanto, infatti, il premier si sia adoperato per rilanciare l’autonomia e il ruolo guida del PdL, annunciando con gli auguri di buon anno che “dalla Chiesa agli industriali tutti ci chiedono di andare avanti”, in realtà, almeno fino alla discussione dei decreti del federalismo, il gioco rimarrà nelle mani della Lega, pronta a disporre a proprio piacimento del futuro dell’esecutivo.
Proprio sul nodo chiave del federalismo, intanto, sono intervenuti oggi i sindaci italiani, per esprimere la loro preoccupazione per le possibili ripercussioni dei decreti attuativi.
“I numeri mostrano un rischio elevatissimo: – spiega in un intervista a “Il Sole 24 Ore” Angelo Rughetti, segretario generale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani- quello di affidare ai comuni una base di entrata troppo sottile, e di lasciare a loro il cerino degli aumenti fiscali“.
La paura dei sindaci – come spiega ancora Rughetti – è che il Governo abbia fatto i conti valutando in maniera esageratamente ottimistica la lotta all’evasione fiscale, peraltro in grave difficoltà, che, per di più, non sarebbe sufficiente da sola a far quadrare i conti dei Comuni che non possono chiudere i bilanci appoggiandosi sulla previsione di entrate future.
Uno squilibrio economico che creerebbe una situazione di stagnazione in cui “la leva fiscale non verrebbe più usata per fare politiche autonome, sulla base di un patto con i cittadini, ma semplicemente per sopravvivere“.
Con buona pace dell’autonomia tanto sbandierata dagli stessi federalisti.
Mattia Nesti