Solo sabato scorso, la stampa iraniana aveva pubblicato la notizia che, nella città santa di Qom che si trova a sud-ovest di Teheran, otto persone, accusate di narcotraffico, erano state giustiziate. Oggi trapela che nel cortile di un carcere, nel sud-ovest della provincia iraniana del Kermanshah, altre sette persone sempre accusate di narcotraffico sono state impiccate, in conformità alla legge iraniana. Nel Paese, il reato di ottenere e distruibuire più di 30 grammi di eroina, viene punito con la morte e, questi ultimi fatti, hanno portato le esecuzioni a 15, solo negli ultimi tre giorni.
Secondo le parole di Mojtaba Maleki, Ministro della Giustizia della provincia citata poco sopra, i sette che, questo lunedì, hanno subito l’esecuzione “preparavano ed erano pronti a distribuire dai cinque a cento chili di eroina e di crack sintetico”.
Maleki ha inoltre sottilineato che: “Alcune di queste persone avevano dei precedenti sia per l’aver trasportato che per l’aver distribuito droghe e fino alla data prestabilita per l’esecuzione avevano goduto, in diverse occasioni, della “ compassione islamica”. Il combattere strenuamente contro il narcotraffico sarà sempre una priorità e continuerà senza pause, con fermezza e in maniera inalterata.”
L’Iran è disciplinato da una interpretazione ferrea della Sharia, vale a dire, della legge islamica che condanna alla pena capitale diversi colpevoli di reati quali, ad esempio: i narcotrafficanti, gli assassini, gli stupratori, e tutti coloro che attentano, in qualunque modo, contro la legge di Allah e contro la Repubblica Islamica.
In base ad alcune Statistiche che conduce e gestisce Amnesty International, l’organizzazione di difesa a favore dei diritti umani, l’Iran, con più di 300 impiccagioni l’anno, è il secondo paese del mondo che compie più esecuzioni, dietro soltanto alla Cina e davanti all’Arabia Saudita e agli Stati Uniti.
Maria Luisa L.Fortuna