Ali Reza Pahlevi suicida

Ieri martedì 4 gennaio,  è morto a 44 anni il secondogenito della famiglia imperiale di Persia, Ali Reza Pahlevi, nella  sua casa di Boston. Era un esperto di storia e cultura del suo Paese e da quando era andato in esilio negli Usa, non vi aveva più fatto ritorno. In un comunicato della famiglia emerge che “Lui, come milioni di giovani, era addolorato e rammaricato per tutti i mali che hanno coinvolto ultimamente la sua amata Persia, così come non sopportava il grande dolore mai sopito per la perdita di suo padre prima e dell’amata sorella, ancora in giovane età, poi.  Nonostante abbia combattuto fino all’ultimo per superare la grave crisi depressiva che non lo aveva mai abbandonato fin da quando aveva lasciato la sua Patria, è venuto a mancare, nella notte del quattro gennaio ultimo scorso, nella  sua residenza a Boston,  gettando la famiglia e gli amici in una disperazione incolmabile”.

Quando era stato cacciato dall’Iran lo Scia, con il suo entourage, aveva chiesto asilo ai vari governanti del   nord d’Africa, aspettando inutilmente che  cadessero gli ayatollah che avevano come leader Ruhollah Khomeini. Ospite  scomodo in Egitto e Marocco era un sovrano deposto, amico dell’ America, rinnegato dai devoti chierici  musulmani dell’Iran e quando, indirettamente ha chiesto di  entrare negli Stati Uniti, per avere asilo politico, gli è stato detto che “la  questione era estremamente difficile”. Jimmy Carter voleva buone  relazioni  con gli ayatollah e vedeva la richesta dello Scia un rischio troppo gravoso per la diplomazia americana.

Carter ha lasciato che i figli dello Scia, compreso  Ali Reza, si stabilissero negli USA. Ma lo Scia Reza Pahlavi ha dovuto vagare tra le Bahamas e il Messico, finchè, malato di cancro, ormai all’ultimo stadio, venne ammesso a New York il 22  ottobre del 1979 per essere operato. Tredici giorni dopo, si trovava ancora in ospedale, quando i rivoluzionari iraniani hanno assaltato l’Ambasciata  nord americana a Teheran chiedendo  l’estradizione dello Scia in cambio della  vite di  52 ostaggi. Lo Scia è rientrato immediatamente al Cairo, dove  Alireza studiava nel  Collegio Americano. Morto lo Scia nel 1980,  Farah Diba e figli sono rientrati in  nord America.

Se si può descrivere con un aggettivo la breve vita del secondogenito principe di Persia, Ali Reza Pahlevi: si potrebbe benissimo dire che era un essere ‘errante’, sempre nell’ombra e  silenzioso. Anche quando suo fratello Reza aspirante a riprendersi la corona d’Imperatore del suo Paese, era stato accusato d’ incoraggiare le proteste contro la rielezione nel 2009, di Mahmud Ahmadinejad; dal canto suo Ali Reza si è sempre, con molta discrezione, tenuto in disparte. Sin dalla morte di suo padre nel 1980, il principe ereditario Ciro si è posto sempre al centro di tutte  le possibili cospirazioni  per rovesciare il regime degli  ayatollaha e dare un’inversione di marcia all’Iran riprendendo il cammino intrapreso da suo padre.

Ma la tragedia già li aveva colpiti con la morte nel 2001,  di Leila Pahlevi, figlia minore dello Scia e  Farah Diba, morta 31enne, in un hotel di Londra. Secondo l’autopsia la causa della moorte era da ricercarsi  ad un’overdose di Secobarbital, un potente sonnifero miscelato a della cocaina. Questi farmaci li aveva rubati al  suo medico curante e in un comunicato rilasciato dalla madre disse che: “In esilio dall’età  di nove anni, non aveva mai superato il dolore per la  morte del padre, Sua Maestà Mohamed Reza Shah Pahlevi, al quale era molto legata ed in più non poteva sopportare l’idea  di  vivere lontano dall’Iran  e condividere, così lontana, il terribile dolore dei suoi compatrioti”.

Lo stesso dolore, secondo  la famiglia detronizzata, lo ha sempre avuto dentro di sé anche Ali Reza. Nel suo esilio americano aveva approfondito gli studi della storia del suo Paese: a Princeton, prima aveva studiato  musicologia, poi  alla Columbia University, ha perfezionato, con un master, le sue  conoscenze sulla storia iraniana. Ad Harvard, in seguito, ha aggiunto filologia e studi sulla storia antica della Persia. Era un appassionato di paracadutismo, d’immersioni e del volo. Non  si era mai sposato e viveva a Boston e non era  mai più tornato a Teheran.

Maria Luisa L.Fortuna