“Huckleberry Finn” di Mark Twain, capolavoro senza più “Negri”

La censura linguistica è sempre stata un mezzo molto potente di controllo. Spesso, con la pretesa di eliminare tracce di autoritarismo e altre scorrettezze sociologiche la situazione però si capovolge, sconfinando nella dittatura del “politically correct”. Come sta avvenendo negli Stati Uniti, dove l’accademico Alan Gribben sta curando una nuova edizione dell’Huckleberry Finn di Mark Twain, con la belligerante intenzione di sostituire nel testo tutte le 219 (alcuni dicono 217) occorrenze del termine nigger (negro) con il più socialmente accettabile slave (schiavo).

Il motivo? Nell’era della (presunta) parità razziale, da studioso specializzato e insegnante di Mark Twain il signor Gribben ha avvertito una repulsione sempre crescente da parte dei suoi alunni e uditori per la parola incriminata. “Leggendo il testo ad alta voce – ha dichiarato Gribben – avvertivo sempre più il disgusto per le connotazioni razziali evocate dalle parole dei giovani protagonisti del romanzo. Un impatto che invece di smorzarsi, cresceva sempre di più col passare del tempo”. “Possiamo applaudire Twain – ha aggiunto l’editor – per la sua capacità di registrare il linguaggio di una specifica regione durante uno particolare periodo storico, ma l’abuso di insulti a sfondo razziale portatori di distinte connotazioni di permanente inferiorità repelle i lettori del giorno d’oggi“.

Argomentazioni facilmente attaccabili: non esiste testo senza contesto, ogni opera è figlia della sua epoca, e Gribben dovrebbe saperlo bene. “I libri di Mark Twain non sono solo letteratura – ha dichiarato Sarah Churchwell, della University of East Anglia – sono anche documenti storici. E quella parola (nigger) è totemica perché codifica tutta la violenza della schiavitù”.

Lo stesso Twain era tutt’altro che razzista e dietro il velo nascosto dell’ironia criticò aspramente quella società che faceva uso e abuso del termine nigger; società da cui, peraltro, al termine del libro Huckleberry Finn decide di allontanarsi. Ma gli americani sono pragmatici e se una cosa dà fastidio (magari anche a causa di un senso di colpa collettivo) meglio rompere gli indugi e tagliare, tagliare tagliare. E chissà che il chiacchiericcio non faccia aumentare le vendite di questa nuova versione del classico.

Roberto Del Bove