Marino: “La Russa non dice la verità sulla morte di Miotto”

La dinamica dello scontro a fuoco che ha portato alla tragica uccisione di Matteo Miotto in Afghanistan era nota fin dal rientro della salma del soldato in Italia il pomeriggio del 2 gennaio. Partecipando alla commemorazione dell’alpino alla camera ardente allestita all’ospedale militare del Celio a Roma, infatti, ho ascoltato la ricostruzione veritiera di quei momenti terribili, molto diversa dalla versione raccontata dai media e dalle fonti ufficiali. Non posso credere che il ministro della Difesa non ne fosse al corrente o che, come egli sostiene, non sia stato avvisato tempestivamente”. E’ il duro commento che giunge dal senatore democratico Ignazio Marino, in merito alle parole del Ministro La Russa, il quale ha confessato di nutrire forti sospetti sulla versione dei fatti resa dai militari riguardo all’uccisione in Afghanistan dell’alpino Matteo Miotto.

Il ministro La Russa spieghi perché è stato deciso di fornire una versione alterata dei fatti e perché siano dovuti passare diversi giorni per dire la verità. Lo chiarisca al Parlamento e a tutto il paese – attacca Marino -. Io credo che non si voglia ammettere che la situazione in Afghanistan è molto più grave di quella che conosciamo, che ogni giorno i nostri soldati rischiano la vita, che gli scontri a fuoco sono la normalità e che il contingente italiano si trova a fronteggiare una guerra e non solo a portare aiuto umanitario e sostegno alle forze dell’ordine afgane. Esiste un velo di ipocrisia sulla reale natura della missione italiana ed è per evitare scomode discussioni il ministro ha ritenuto di nascondere la verità? Questo governo ci ha abituato alle menzogne e oggi ne abbiamo avuto l’ennesima prova, se ce ne fosse stato bisogno. Ma quando in gioco c’è la vita dei nostri soldati, la loro sicurezza e il ruolo dell’Italia nell’ambito di una missione internazionale, le bugie non sono ammesse. L’unica cosa da fare è affrontare la questione in maniera seria e trasparente, senza ricorrere a sotterfugi e senza sfuggire al confronto parlamentare per paura della propria debolezza”.

Raffaele Emiliano