Si infittisce il mistero sulla morte in Afghanistan del caporalmaggiore Matteo Miotto. E il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, stenta a nascondere i suoi sospetti in merito a una errata ricostruzione dello scontro a fuoco al termine del quale il militare italiano ha perso la vita.
Secondo La Russa, le informazioni da parte dei militari sarebbero giunte tardive e incomplete. Il sospetto è che ciò sia avvenuto per la necessità di raccontare una verità indolore, capace di non suscitare allarme.
“E’ stata fotografata la fase finale e cioè che un cecchino ha ucciso Matteo Miotto che si trovava sulla garitta – spiega il Ministro al termine della visita alla base italiana avanzata in Gulistan -. E’ tutto vero, ma non era stata fornita neanche a me la parte di notizia, che non era difficile da fornire per la verità, e cioè che questo evento, esattamente descritto e comunicato, si inseriva nell’ambito di uno scambio di colpi durato diversi minuti. Poi magari ha sparato effettivamente un solo cecchino, ma certamente c’era la presenza con armi leggere, e quindi con gittata minore, di altre persone che sono state poi intercettate poco dopo dall’aereo americano intervenuto che li ha visti: erano 5, 6, 8 non è chiaro, certo più di quattro”.
“L’ipotesi prevalente – spiega La Russa – è che abbia sparato una sola persona con il fucile di precisione, da un chilometro, un chilometro e mezzo, ma è possibile che sia stato accompagnato da quelli con le armi leggere. Non è certo. Di sicuro c’è stato uno scambio di colpi durato diversi minuti, al quale gli italiani e lo stesso Miotto hanno preso parte, reagendo con prontezza. Questa parte della notizia non è stata ritenuta nelle prime ore importante da comunicare a me e a voi. Mi sono arrabbiato con i militari che non me l’hanno detto e quando, il 4 pomeriggio, mi è stata comunicata anche la parte che c’era stato un conflitto a fuoco, prima di rendere noto il tutto ho voluto aspettare ieri, il 5, per parlare personalmente con il generale Bellacicco, il comandante del contingente”.
Secondo l’esponente del Governo, l’incompletezza della notizia “è il riflesso di un vecchio metodo di cercare di indorare la pillola della realtà dei fatti, di dire la verità ma nel modo più indolore possibile. Questo non appartiene al mio modo di comunicare le notizie, tanto è vero che quando l’ho saputo l’ho reso noto. Bisogna voltare pagina rispetto a un passato che io, senza polemica, faccio risalire ai passati governi – aggiunge La Russa – forse perfino al primo governo Berlusconi, sicuramente al governo Prodi, per motivi obiettivi che capisco, di dare sempre la notizia, vera, con la preoccupazione di non allarmare. Io, invece, proprio per il rispetto del lavoro dei militari, ho sempre voluto fotografare la realtà esattamente com’è”.
“Naturalmente – conclude il Ministro – non bisogna dimenticare che questa cosa è successa l’ultimo dell’anno, in una base lontana, che le notizie erano frammentarie: tutto ciò è una grandissima attenuante, ma io ho trovato un briciolo di quella vecchia impostazione per cui, tra le due cose, è meglio dire la verità ma senza allarmare. Io dico: la verità non allarma mai e, in questo caso, va detta fino in fondo prima di tutto per rispetto di Matteo Miotto, che non è morto per caso, era lì e gli è arrivato un colpo, ma è morto andando ad aiutare un suo compagno, sparando come era il suo dovere in quel momento, e venendo colpito mentre partecipava a un conflitto a fuoco”.
Raffaele Emiliano