L’Inter è tornata alla vittoria in campionato, riproponendo gioco e convinzione che da un po’ non si vedeveno più nel San Siro nerazzurro. Un 3-1 contro una squadra in forma come il Napoli di Mazzarri poteva anche arrivare da Benitez, ma la prestazione offerta dalla squadra di Leonardo aveva un qualcosa di diverso.
Benitez è sicuramente un grandissimo allenatore, un ottimo tattico. Ma è ciò che serviva all’Inter? Insegnare come fare una diagonale a Maicon o dire a Milito come posizionarsi in area di rigore equivale ad insegnare ad Antonio De Curtis alias Totò, il principe della risata, come raccontare una barzelletta. La formazione schierata contro il Napoli da Leonardo non ha niente in più rispetto a quelle schierate dall’allenatore spagnolo nelle precedenti uscite. Ciò che è cambiato, non è tangibile: è la convinzione nei propri mezzi.
Dopo aver perso la Supercoppa Europea contro l’Atletico Madrid, per un attimo si è avuta la sensazione che stesse tornando la vecchia Inter del passato: timorosa e con la prima difficoltà che si trasforma in un ostacolo insormontabile. Le partite seguenti sono state una serie di prestazioni altalenanti, con bel gioco seguito poi da cali improvvisi. Qualcosa sicuramente non andava e sembrava difficile che gente come Milito, Maicon e Sneijder avesse dimenticato come si gioca a calcio. Serviva qualcuno che facesse sentire campione del mondo la squadra nella testa e non sulla carta, dato che contro il Mazembe, portando il dovuto rispetto alla squadra africana, anche il miglior Bari, fanalino di coda in Serie A, avrebbe potuto conquistare il Mondiale per club. Un uomo, prima di un allenatore, e Leonardo possiede le qualità che ricordano molto mister triplete, Josè Mourinho. Ciò non vuol dire che sul piano dei rapporti umani Benitez sia un incapace, ma soltanto che l’ex allenatore rossonero possiede delle caratteristiche che calzano a pennello con ciò che serviva al club di Moratti per svegliarlo dall’incubo dei fantasmi dei flop passati.
Antonio Pellegrino