A dare conferma alle parole del neo segretario Cgil, Susanna Camusso, che ieri aveva rassicurato sul cordiale svolgimento della riunione tra confederazione e sindacato dei metalmeccanici, è arrivato il pensiero di Maurizio Landini, leader Fiom che, nel corso della trasmissione In mezz’ora condotta da Lucia Annunziata, ha tenuto a ribadire: «Tra Cgil e Fiom non c’è stata nessuna spaccatura. C’è stata una discussione e rimangono valutazioni su cosa fare in futuro, ma su questo continuiamo a discutere. Con la Cgil continueremo il confronto».
La volontà di tenere calmi gli animi, almeno all’interno della dialettica tra Fiom e Cgil, in merito alle decisioni da prendere per quanto riguarda il referendum che avrà luogo tra qualche giorno a Mirafiori, nella sede torinese della Fiat, è un elemento utile per capire che, da parte di quei sindacati che non hanno accettato di buon grado la rivoluzione firmata Marchione, c’è la consapevolezza di dover rimanere uniti, per sperare di continuare a incidere nel conflitto tra capitale e lavoro.
Quel conflitto che, oggi, nell’era della globalizzazione senza confine viene spesso negato – a volte da entrambe le parti in gioco – in nome di un comune interesse a non delocalizzare la produzione, e che invece negli ultimi tempi sembra essere ritornato ai primi posti dell’agenda sociale e forse anche di quella politica.
Se Nichi Vendola, ieri, non ha avuto problemi a definire un ricatto, la proposta di Marchionne, Maurizio Landini ha rincarato la dose sostenendo che «in Italia si vota solo quando decide Marchionne. La democrazia funziona solo quando lo dice lui e quando la gente non può dire di no».
Questo a pochi giorni dalla votazione che potrebbe portare all’esclusione della Fiom dalla rappresentanza dei lavoratori a Mirafiori, così come successo nei mesi passati a Pomigliano e mentre sui muri di Torino, fatto successo ieri, tornano a vedersi scritte minacciose e stelle a cinque punte.
Simone Olivelli