Mille anni di una storia parallela a quella occidentale rivivono nella mostra “Arte della civilta islamica”, ospitata nelle sale del Palazzo Reale di Milano, di fronte al Duomo. L’integrazione sociale passa soprattutto attraverso la cultura.
La manifestazione, che ha aperto i battenti il 20 ottobre e li chiuderà il 30 gennaio, espone la collezione Al Sabah, composta da oltre 350 oggetti, scelti dal curatore Giovanni Curatola tra gli oltre 26.000 di una collezione privata e regalata dai suoi creatori al Kuwait e al mondo.
“La prima data da ricordare – scrive Curatola – è il luglio del 1975, quando Sheikh Nasser Sabah Ahmed al-Sabah mostra a sua moglie, Sheikha Hussah Sabah Salem al-Sabah la prima opera d’arte islamica, una splendida bottiglia in vetro smaltato d’epoca Mamelucca del XIV secolo, comprata durante un viaggio. E’ l’inizio di una avventura straordinaria e probabilmente irripetibile, fatta di intelligenza, amore, competenza, lungimiranza, curiosità…”.
20.000 opere, quasi paradossalmente cresciute di 6000 unità dopo l’invasione dell’Iraq ai danni del Kuwait, nell’agosto del 1990 e che rischiò seriamente di danneggiare irreparabilmente un lavoro certosino svolto per otto anni. I due coniugi però ricostruirono il loro patrimonio, ampliandolo.
“Arte della civiltà islamica” è sicuramente un evento di caratura internazionale, realizzato grazie ad una collaborazione tra il Comune di Milano e la casa editrice Skira. Significativo anche il supporto del Corriere della Sera. L’evento è sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, unitamente a quello dell’Emiro del Kuwait Sheikh Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah.
Divisa in due parti, la prima dedicata ai tre imperi cinquecenteschi Ottomani, Safavidi e Moghul e la seconda improntata su sezioni a tema, la mostra di Palazzo Reale permette a chi la visita di ammirare dal vivo veri e propri pezzi della storia di una civiltà sicuramente troppo poco conosciuta e della quale alcune volte si ha un’idea che non è scevra da rappresentazioni distorte da pregiudizi.
In esposizione, monete, gioielli, soprammobili, ma anche antichi manoscritti del Corano, arredamenti esterni come archi o capitelli, armi, tappeti. Le quattro immagini allegate nella piccola Photogallery danno un’idea piuttosto concreta dell’assoluta varietà produttiva della popolazione di origne islamica.
Del maestro ‘Abd al-Qadis al-Hasani al-Husayny di Shiraz è il “grande e sontuoso” manoscritto del Corano, testo sacro dell’Islam, che in epoca medievale le personalità più importanti del mondo medio-orientale come califfi e sultani spesso commissionavano ad eseperti calligrafi, essendo la diffusione delle sacre scritture un’opera altamente meritoria
Un pugnale di fattura in parte turca in parte indiana, risalente ad un periodo compreso tra XVI e il XVII secolo d.C. con manico in giada e decorazioni ad intarsio in oro corredate da pietre preziose rappresenta in tutto e per tutto la magnificenza dell’impero ottomano.
La merlatura di colore turchese, colore che simboleggia il trionfo, molto presente non a caso anche nella leggendaria città di Samarcanda, fondata nel quinto secolo avanti Cristo e conquistata dagli arabi circa 700 anni dopo la nascita del Messia.
Il capitello in sitle corinzio risente positivamente di alcune influenze bizantine ed è forse proveniente dalla città di Cordova, l’attuale Cordoba, nell’Andalusia spagnola. La firma e la data presenti su quella che appare come una vera e propria scultura artistica, a prescindere dalla sua funzione architettonica, rappresentano un evento piuttosto raro. Sull’incisione anche il nome del committente, il califfo Omayyade di Spagna ‘Abd Allah al-Hakam al-Mustansir bi-‘llah, che regnò tra il 971 e il 976 dopo Cristo, a pochi anni dall”inizio del secondo millennio.
Si ringrazia Skira per le informazioni fornite.
A.S.