Alan Moore e Oscar Zarate: il binomio vincente per “Un piccolo omicidio”

Un piccolo omicidio è un idea partorita dalla mente di Oscar Zarate, già disegnatore di successo di opere per bambini e produttore di romanzi grafici di successo come Dr. Faust, sceneggiato da Cristopher Marlowe. Tutto normale fin qui. E’ stato l’incontro con il genio di Alan Moore che ha fatto brillare la lampadina nel cervello di Zarate. Così racconta lui stesso, nella postfazione di Jaime Rodrìguez al graphic novel. Secondo Moore il primo incontro fu importante per entrambi, perché ha fatto capire cosa voleva raccontare Zarate e quanto Moore si riconoscesse il quel progetto. Il primo aveva da tempo un’idea valida, il secondo diventerà il suo “braccio armato”. La scintilla è scoccata sin da subito in entrambi.

L’opera è suddivisa in quattro capitoli fondamentali ognuno dei quali porta il nome della città nella quale Timothy Hole (il protagonista) si trova al momento. Ciascuno in un momento storico differente. New York (1985-1989) momento di cambiamento nel mondo occidentale che verrà scosso dalla imminente caduta del muro di Berlino e dalla successiva frammentazione dell’URSS in tanti stati indipendenti. Londra (1979-1985) simbolo dell’Inghilterra tactheriana conservatrice e bigotta, patria non unica dei primi “yuppi”. Sheffield (1964-1979), città natale di Timothy, come roccaforte del socialismo in terra inglese. Infine, I vecchi edifici (1954-1964) come testimonianza dell’Inghilterra nel Dopoguerra.

La storia procede a ritroso, una scelta di Zarate, il quale credeva ad un’opera che fosse in grado di ritornare su stessa suscitando nel lettore, in accordo con il protagonista, quel senso di redenzione che non necessariamente significa tradizionalismo. Piuttosto una critica razionale di quello che è diventato il mercato globalizzato, la politica, gli ideali. Tutto ciò si evince dal percorso professionale che fa di Timothy Hole un affermato pubblicitario, ambito dalle più note società di marketing anglosassoni. Va tutto alla grande, fin quando non gli viene fatta una proposta ambiziosa e intrigante: pubblicizzare una nuova bevanda (dal nome Flite) proprio in quella Russia che era stata suo specchio ideale da adolescente e che ora (1989) non è altro che una filiale medio-occidentale del “ora si può”, ed un terreno fertile per ogni tipo di prodotto. Dal momento in cui accetta quest’incarico, il suo tormento primo sarà un bambino, simbolo della sua infanzia e gioventù che torna per ricordargli da dove viene lui, in cosa credeva e soprattutto cosa è diventato

Gran parte del merito va riconosciuto all’ideatore e disegnatore Oscar Zarate il quale attraverso delle fantastiche tavole colorate ad acquarello riempie il graphic novel di colori accesi o spenti a seconda dello stato d’animo del protagonista. Alan Moore aggiunge concretezza e maturità alle immagini attraverso una sceneggiatura cotta a puntino per tutti coloro i quali hanno la perspicacia tipica del pubblicitario ma soprattutto dello spettatore. Moore mette in risalto la sua grande ecletticità e la sua ancor più grande capacità nel saper recitare la parte del comprimario in un progetto non suo.

Non sembra affatto la sua migliore opera come da più parti si va dicendo. È un romanzo introspettivo e personale che decostruisce quello che a quei tempi era dato per scontato e cioè il modello politico “giusto”, quello liberale, la causa di e la conseguenza a ( a detta dello stesso Moore) tutto ciò che accadde nel mondo alla fine del ventesimo secolo.

Autori Alan Moore, Oscar Zarate
Edizione Magic Press
Formato 21×28, Brossurato; Col
Pagine 96
Prezzo 15,00 €
ISBN 978-88-7759

Antonio Lilli