“Kill me please”: la commedia sul suicidio arriva nei cinema italiani

Se c’è stata un’opera capace di sorprendere all’ultimo Festival del Film di Roma questa è stata sicuramente Kill me please, del regista belga Olias Barco, vincitrice del Marco Aurelio come miglior film. Una commedia grottesca e impietosa ambientata in una clinica dei suicidi, dove il dr.Kruger assiste i pazienti che vogliono volontariamente avvicinarsi all’ultimo e doloroso passo. Ovviamente le sorprese sono dietro l’angolo, i pazienti sono tutti svitati e dietro la clinica c’è qualcosa di ben più grosso di quanto si creda. Ma sono soprattutto le battute al vetriolo a muovere i fili di questo film, che venerdì 14 gennaio uscirà nelle sale italiane distribuito da Archibald Enterprise Film.

Un trans cabarettista che ha perso la voce (interpretato dall’irriverente Zazie De Paris), un uomo d’affari depresso, un altro che si è giocato la moglie a Poker; e poi un ragazzo che detiene il record per il “tentato suicidio più giovane di Francia”, una ragazza stanca della sua malattia (che la costringe a farsi migliaia di punture) e un comico che non ne può più di vivere. Tutti rinchiusi nella clinica, in attesa del giorno in cui insieme al dr.Kruger daranno “dignità al suicidio”. Intorno un mondo che infama la clinica e chi la popola, mentre una finanziera fa delle indagini interne per scoprire cosa c’è veramente dietro tutto questo.

Ovviamente nulla è come sembra: dietro la clinica c’è qualcosa di cinico e spregiudicato, che rivela meno rispetto verso i clienti e la loro scelta di quanto si possa pensare. E poi c’è la morte, che gli avventori ricercano disperatamente, attendendola con ansia. E che invece arriva beffarda per tutti, improvvisa, spietata, violenta.

Una denuncia sussurrata, quella di Olias Barco, che mette alla berlina alcune vere malattie del XXI secolo: la facile tendenza alla depressione e il suo parossismo, il ricorso al suicidio come cura, lo scarso attaccamento alla vita. Tutti elementi che fanno di questa critica alla nostra società dei “piagnoni” un pugno nello stomaco, ricevuto col sorriso sulle labbra. Perché si ride amaro, in Kill me please (una commedia sul suicidio, e non sull’eutanasia, come hanno scritto molti giornali); ma, come ha insegnato Luigi Pirandello, spesso è proprio la risata ad essere foriera di grandi rivelazioni.

Peccato solo per il doppiaggio, che in film come questo risulta decisamente meno efficace dei sottotitoli. Quando impareremo a farne a meno, noi italiani?

Roberto Del Bove