Fini: “Magistrati primi servitori dello Stato”

“La credibilità della nostra democrazia è cresciuta grazie anche ai successi contro il terrorismo prima e ‘Cosa nostra’ dopo. Se la qualità della democrazia è aumentata, lo si deve anche all’impegno di tanti servitori dello Stato, ma all’interno anche del martirologio dei servitori dello Stato il ruolo della magistratura è stato ed è di prim’ordine“. Sono le parole pronunciate dal presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto al Palazzo di Giustizia di Messina ad un incontro con i vertici del Tribunale e l’Avvocatura.

Fini, con un velato e sottinteso rifermento alle recenti indagini sul premier Silvio Berlusconi, ha ribadito l’importanza del “ruolo dei magistrati”. “Dimenticarlo – ha sottolineato – è fare torto a un impegno e ad un sacrificio”.

Il presidente dell’Assemblea di Montecitorio ha dunque ribadito la necessità “di una corale assunzione di responsabilità. Se non si insiste nel funzionamento della giustizia le riforme a costo zero non servono a nulla e sono foriere di altre complicazioni”. Per cercare di risolvere i tanti problemi della giustizia bisogna, pertanto, “lavorare insieme e non dividersi. E’ necessario che maggioranza e opposizione indichino uno o due obiettivi strategici”.

Fini ha, dunque, snocciolato una serie di dati, a partire dal numero di violazioni riscontrate dalla Corte europea dei diritti umani negli ultimi 50 anni per l’eccessiva lunghezza dei processi nel nostro Paese. “In Spagna sono state riscontrate 11 violazioni e in Germania 54, 24 in Gran Bretagna, 278 in Francia – ha detto ancora – e pensate, ben 1.095 violazioni riconstrate a carico dell’Italia. Quindi, prima di una grande riforma normativa bisogna combattere la lentezza della giustizia“.

“Vorrei dire una frase fatta ma che è concreta – ha proseguito il leader di Fli- la libertà si basa su un giudice che afferma il principio della legalità, altrimenti non c’è la libertà ma il predominio dell’arbitrio”. “I 150 anni dell’Unità d’Italia – ha concluso il presidente della Camera – non saranno solo un ricordo di pagine belle o tragiche ma devono farci interrogare su cosa significa oggi essere italiani”.

Raffaele Emiliano