Scala: lo sciopero Cgil fa saltare la prima della Cavalleria

Resterà chiuso il sipario della Scala di Milano domani sera , quando era in programma la prima del dittico Cavalleria rusticana e Pagliacci. L’assemblea dei lavoratori della Scala iscritti alla Cgil ha votato a favore dello sciopero per difendere i loro diritti. Infatti è rimasto confermato il taglio di 5 milioni per il 2010 (che porterebbe il teatro a non pagare la tranche del contratto integrativo dell’anno scorso) e soprattutto quello di 17 milioni per quest’anno.

Il sindacato ha avanzato un appello con cui si proponeva un tavolo di trattativa, direttamente al sindaco di Milano Letizia Moratti, nonché presidente del teatro: “Ci appelliamo al sindaco e a tutti quelli che possono perché non crediamo allo sciopero per lo sciopero – ha spiegato Giancarlo Albori, rappresentante Cgil dei lavoratori scaligeri – ma una revoca ci può essere solo a fronte di atti chiari“.

La stessa Moratti lo scorso luglio dopo un incontro con i sindacati assicurava in una lettera il “pieno sostegno per il conseguimento di un finanziamento pubblico triennale congruo alla produttività del teatro, in modo da consentire un’adeguata programmazione dell’attività artistica e la necessaria salvaguardia del patrimonio professionale e artistico, rappresentato dai lavoratori del Teatro”. Proprio per questo infatti lo sciopero sulla tournée in Argentina era stato ritirato. Ma dopo non se ne è saputo più niente.

Prima si parlava di novembre, poi del Milleproroghe – ha rimarcato il sindacalista – poi il fondo Letta, ora ci hanno detto che si saprà qualcosa entro il 31 gennaio: è un balletto. Ci scusiamo per il modo irrituale con cui ci rivolgiamo al sindaco, ma i tempi sono stretti”.

Dall’altra parte i sindacati contrari allo sciopero hanno difeso i diritti di chi decide di non partecipare allo protesta: “La gente – ha osservato Domenico Dentoni (Uil)vuole lavorare. Rivendichiamo il sacrosanto diritto dei lavoratori di non perdere continuamente la retribuzione se non vogliono partecipare a uno sciopero perché lo ritengono inopportuno”.

Martina Guastella