Ancora rivelazioni scottanti sul caso Ruby.
Secondo la trascrizione di un’intercettazione inserita all’interno della documentazione con cui i pm milanesi hanno presentato la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la marocchina, che ha dato il là all’inchiesta a carico del premier con l’accusa di concussione e prostituzione minorile, avrebbe chiesto «cinque milioni a confronto del macchiamento del mio nome».
Il testo sarebbe parte del contenuto di una conversazione che Ruby avrebbe avuto con la madre di Sergio Corsaro, parucchiere ed ex fidanzato dell’avvenente diciottenne.
Qualora queste parole trovassero ulteriori riscontri nelle indagini che la magistratura ha intenzione di approfondire perquisendo anche le residenze di Berlusconi si avrebbe un’altra prova del fatto, già fatto presente da tutti coloro che in un passato recente hanno criticato i comportamenti privati del presidente del Consiglio, che le sue vicende intime hanno una rilevanza importante anche per la vita del Paese.
E la morale c’entra molto poco. La richiesta economica avanzata da Ruby per “smacchiare” il proprio onore costituisce un valido esempio di ciò che si intende per ricattabilità.
Può un Paese come il nostro, in special modo in un periodo di profonda crisi sociale ed economica, essere rappresentato e guidato da qualcuno che pare avere una collezione di scheletri nell’armadio, pronti a sbucare fuori, facendo tremare i palazzi del potere?
Se oggi si parla di cinque milioni di euro – nella speranza che Berlusconi avrebbe comunque deciso di pagare con i propri soldi – a quali altri ricatti, domani, si potrebbe trovare davanti?
Al di là di chi, fiutando la convenienza del momento, strizza l’occhio al Vaticano facendosi portavoce di principi ormai perduti, a dispetto dell’avanzata di un’immoralità senza freni, il problema per l’Italia rimane di natura politica.
Simone Olivelli