Nei giorni caldi del Rubygate, l’immaginazione dei più fantasiosi non conosce freno. Capita, dunque, che in molti ipotizzino che la fine (politica) di Silvio Berlusconi sia realmente vicina e che credano, con straordinario slancio, che le note colombe al suo fianco riusciranno questa volta a convincerlo a cedere lo scettro a qualcun’altro. In attesa di comprendere quanto queste speculazioni possano essere considerate praticabili o anche solo essere prese in considerazione, il toto-nomine sull‘ipotetica successione al presidente del Consiglio decreta la vittoria momentanea del Guardasigilli, Angelino Alfano.
Il quale, investito di questo virtuale peso, ha avvertito subito il bisogno di scrollarsi da dosso l’indicibile macigno: “A me hanno insegnato – ha commentato ieri dalla Sicilia – che per avere un successore si presuppone l’esistenza di un ‘de cuius’. Berlusconi è vivo, vegeto e forte e tutti noi siamo accanto a lui per sostenere questa stagione di riforme e fatti. Il tamtam sulla successione al premier non è frutto dell’auspicio di chi fa il tifo per lui – ha continuato Alfano – ma è una cosa che viene alimentata dalla sinistra e dall’opposizione”.
“L‘opposizione – ha continuato il ministro della Giustizia riferendosi all’avviso recapitato qualche giorno fa al premier dai pm di Milano – ha considerato quello inviato al premier un invito a scomparire, noi rispondiamo no all’invito a scomparire perché su questo si pronunceranno gli elettori nel 2013″.
Da qui il ribaltamento: Alfano ha quindi approfittato della risibile ipotesi formulata dagli avversari politici per firmare un giudizio velenoso ai loro danni, partendo dal partito di Bersani: “Il Pd – ha detto – sta perdendo il voto d’opinione a favore di Vendola e Di Pietro e quello per così dire di apparato, a beneficio dell’Mpa, stando in un governo come quello di Lombardo. I danni credo siano evidenti a tutti. Il Pd farà le proprie scelte. Noi abbiamo ben chiaro che il governo Lombardo – ha osservato – è una calamità politica per la Sicilia”.
“C’e’ un contrasto tra politica e magistratura – ha poi aggiunto il Guardasigilli, ritornando sul Caso Ruby – riteniamo che la politica debba rappresentare il presidio della democrazia intesa come rispetto della sovranità popolare. Noi non li abbiamo mai cercati gli scontri; anzi, personalmente ho sempre cercato di sopirli”. E a Luca Palamara, il presidente dell’Anm che nei giorni scorsi ha lanciato un appello, invitando ad “uscire dalla logica di scontro tra politica e magistratura”: “Mi verrebbe da dire – ha commentato caustico Alfano – da che pulpito viene la predica. Spesso l’Anm si è qualificata per avere alzato i toni”.
Maria Saporito