Quarantatré morti e centocinquanta feriti. Questo il tragico bilancio dell’attentato di stamane a Tiktir, Iraq. Dalle prime notizie sembra che si tratti di un agguato kamikaze. Obiettivo un centro di reclutamento di polizia, frequentato da gente della zona. L’attentatore, con materiale esplosivo sotto i vestiti, si è immedesimato fra gli agenti, facendosi esplodere. Le prime cifre di quarantatré morti e centocinquanta feriti sono destinate a salire.
Per ora non si registrano rivendicazioni, anche se più plausibili sembrano di Al-Qaeda o gruppi talebani. Un triste evento che si è verificato a Tijtir, città che situata a centosessanta chilometri dalla capitale, ha dato i natali a Saddam Hussein, dittatore iracheno condannato a morte nel 2007. Dalla guerra in Iraq, iniziata nel 2003 molte vicende sono successe. Tra i favorevoli all’invasione, Saddam era visto come un protettore dei terroristi, per i contrari la guerra era un pretesto per impossessarsi del petrolio. L’Italia si ritira ufficialmente nel 2006 e, con Obama lo scorso agosto l’esercito americano abbandona il paese. Il trentun novembre scorso la chiesa di Nostra Signora della Salvezza di Bagdad, viene presa d’assalto con l’epilogo di cinquanta vittime. Quattordici giorni dopo alcune case di cristiani vengono attaccate da colpi di mortaio. Questi eventi hanno spinto i cristiani a lasciare la capitale, per trasferirsi in zone settentrionali o fuori dell’Iraq.
L’attacco di oggi è stato il secondo più feroce da due mesi. “Chi sono i responsabili a parte Al-Qaeda?”. Si chiede Ahmed Abdul-Jabbar, governatore della provincia di Salahuddin. Intanto, viste le ridotte capacità dell’ospedale cittadino, le operazioni di soccorso vengono fatte anche nelle moschee.
Matteo Melani