L’obesità infantile, quel fenomeno in preoccupante crescita tra i bebè dei paesi del cosiddetto “primo mondo” e causa di tante malattie in età adulta, è strettamente collegato alla mancanza della vitamina D.
L’osservatorio FederSalus ha infatti reso noto uno studio dell‘Università del Michigan pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, che dimostra come la tendenza ad ingrassare, accumulando tessuto adiposo nella zona addominale, sarebbe dovuto proprio a un deficit di vitamina D.
Lo studio ha preso in esame un campione di 479 bambini della città di Bogotà in Colombia tra i 5 e 12 anni per un periodo di 30 mesi. I ricercatori hanno analizzato il sangue dei soggetti riscontrando in un 10 per cento un grave deficit di vitamina D, mentre nel 46 per cento il livello era insufficiente. Hanno poi messo in relazione la carenza di tale vitamina con il peso dei bimbi, in particolar modo, con l’indice di massa corporea, la misurazione della circonferenza in vita e il rapporto subscapolare tra pelle e tricipite. Dall’analisi è emerso che i bambini con un livello di vitamina più basso tendevano ad aumentare di peso più velocemente dei loro coetani con un livello più alto di vitamina nel sangue. E non solo. Le bambine presentavano anche un problema di crescita in altezza.
L’accumulo del grasso addominale è la causa del cosiddetto fisico a “forma di mela”, molto pericoloso in quanto è il maggiore responsabile dell’insorgere del diabete di tipo 2 e di numerose malattie cardiovascolari.
Il livello di vitamina D può essere basso anche nei soggetti che vivono in aree subtropicali, ma che non rimangono esposti ai raggi solari abbastanza a lungo. L’esposizione solare inoltre non è l’unico metodo per assicure l’apporto di vitamina necessario all’organismo. La vitamina D è infatti contenuta anche negli integratori alimentari, nel merluzzo, in alcuni pesci grassi e l’olio di fegato, e nel latte e i suoi derivati.
Annastella Palasciano