“Evitare il rischio di genocidio e garantire la protezione di tutte le persone a rischio di atrocità di massa.” Con queste parole il consigliere speciale del Segretario generale per la Prevenzione del genocidio, Francis Deng, ha motivato la risoluzione dell’Onu (presa all’unanimità) di potenziare in Costa d’Avorio l’impegno delle Nazioni Unite. In particolare il riferimento della risoluzione è al capitolo settimo della Carta dell’Onu, che consente l’uso della forza: il Consiglio di Sicurezza ha, infatti, autorizzato l’invio immediato di 2.000 soldati. Il loro impiego sarà indispensabile nella capitale Abidjan e nella parte occidentale del Paese.
La resistenza dell’ex presidente Laurent Gbagbo a riconoscere la vittoria delle elezioni del Novembre scorso al suo avversario Alassane Ouattara sta rendendo la situazione sempre più grave, soprattutto per i civili: secondo i dati forniti da Edward Luck, consigliere speciale del Segretario generale per la Responsabilità di protezione, sarebbero già 25 mila i cittadini ivoriani costretti a lasciare la loro terra; gli sfollati sarebbero circa 20 mila. In più c’è il serio rischio che i conflitti etnici esplosi nella parte occidentale del Paese africano, possano estendersi in modo incontrollato, col rischio di diffuse atrocità di massa.
Ouattara, il Presidente riconosciuto a livello internazionale, è già pronto a prendere misure drastiche per proteggere la popolazione dagli attacchi sferrati dai fedelissimi di Gbagbo: “Tutto si sta mettendo in atto – ha detto Mercoledì, intervistato dal quotidiano francese La Croix. – L’intervento militare è già previsto, organizzato. Domenica ho parlato con il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, mi ha assicurato la sua determinazione.”
In proposito, Martedì c’è stata una riunione della Comunità dei Paesi dell’Africa Occidentale (Cedeao), nella quale si è ribadito per l’ennesima volta il riconoscimento di Ouattara come legittimo Presidente della Costa d’Avorio. Il problema, però, resta ancora la resistenza di Gbagbo e il suo forte potere che ancora riesce ad esercitare nel Paese. Per questo lo stesso Consiglio di Sicurezza ha anche chiesto la sospensione dei media, in particolare della Tv di Stato, ancora gestita dall’ex Presidente. Congiuntamente è stata inoltrata anche la richiesta per raccogliere 55 milioni di dollari per il Piano d’azione per l’emergenza umanitaria in Liberia, il Paese più colpito dall’emigrazione di massa dei cittadini ivoriani.
L’iniziativa delle Nazioni Unite è stata immediata, a seguito dell’annuncio da parte del premier keniano Raila Odinga dell’ennesimo fallimento del tentativo di mediazione portato avanti dalla Cedeao in Costa d’Avorio.
Cristiano Marti