E’ un Nichi Vendola che non le manda a dire quello che ieri si è presentato alla trasmissione Otto e mezzo, condotta da Lilli Gruber e andata in onda su La7, e che oggi ha incontrato a Genova, nella sala Chiamata del Porto, diversi estimatori di Sinistra Ecologia e Libertà, il neonato partito da lui guidato.
La strategia comunicativa dell’attuale governatore della Puglia, e possibile candidato alle prossime primarie del centro-sinistra, inizia a delinearsi sempre più chiaramente: agli schiamazzi belluini di molti esponenti del governo e alla passività con cui gli storici rappresentanti dell’opposizione, la maggior parte dei quali sembra essere rimasta intrappolata nella dialettica politica novecentesca, Vendola risponde con la volontà di divenire alternativa nei fatti, ma partendo dalle parole.
Perché non è sempre vero che ciò che contano sono semplicemente i fatti.
Dal pensiero espresso dal leader di Sel, emerge la consapevolezza di come larga parte della crisi sociale e culturale, con i relativi riflessi in termini economici e pragmatici, che da tempo colpisce l’Italia, trovi le proprie radici in una sorta di mutamento antropologico che ha visto protagonisti gli italiani come soggetti e oggetti inconsapevoli del cambiamento.
Vendola, che utilizza spesso parole come “racconto” e “narrazione”, guarda al linguaggio come riflesso della società. Ma questa relazione, se la si osserva a fondo, diventa biunivoca.
Ma cosa ci dice la realtà, oggi?
Nel Paese di Berlusconi presidente del Consiglio e indagato per prostituzione minorile, delle Ruby a caccia di una fama che può passare anche per le lenzuola di chi può essere loro nonno, del velinismo come stile di vita, dove chi è laureato è costretto a emigrare nella speranza di trovare un lavoro e chi, invece, un impiego ce l’ha, deve accettare i diktat del padrone, in nome di uno pseudo interesse collettivo – dove per collettivo si intende, milioni di euro per le casse dell’azienda e la sicurezza di uno stipendio stiracchiato per l’operaio – Vendola vede «un paese che ha smarrito i fondamenti di un’etica pubblica e fa fatica a raccontarsi».
E pur sfuggendo alla tentazione di vedere nel berlusconismo l’origine di tutti i mali, prurito a cui certa sinistra non riesce a resistere pur di soprassedere alle proprie responsabilità politiche, Nichi Vendola fotografa in maniera nitida gli effetti dell’ingresso in politica di Silvio Berlusconi, ma ancor prima nella cultura del paese con le tv commerciali di sua proprietà e l’introduzione di una filosofia che aveva già i suoi germi nello storico Colpo grosso, diretto da Umberto Smaila.
Le parole di Vendola, pur rimanendo all’interno di un contesto fatto di civiltà e posatezza che crea un effetto straniante per i tempi che corrono, vanno in profondità: «Berlusconi ha portato a un cortocircuito nella società italiana. Ha favorito lo sdoganamento di un linguaggio maschilista, sessista, persino violento, l’idea della donna come docile preda per l’attività venatoria del genere maschile, della sua onnipotenza e anche della sua esibita grevità».
Parole complesse, certo, ma che sembrano avere poco a che fare con il bunga bunga.
Simone Olivelli