Yara, su Facebook organizzata veglia virtuale

Che la solidarietà per la piccola Yara Gambirasio, scomparsa lo scorso 26 novembre, avesse travalicato i confini di Brembate di Sopra era un fatto già noto – non fosse altro per l’interesse mediatico che ha scaturito l’intera vicenda, con il risultato di portare nelle case delle famiglie italiane quel sentimento di vicinanza alle sorti della ragazzina – ma che ciò finisse per trovare espressione anche nel mondo della virtualità se lo sarebbero aspettato in pochi.

Dopo aver dato, nelle scorse settimane, la notizia della nascita su Facebook del Gruppo per trovare Yara Gambirasio, che è diventato per oltre 45.000 persone il punto d’incontro dove condividere le proprie speranze e i timori, condividere le ultime novità provenienti dalle indagini e, non ultimo, riunirsi in vere e proprie veglie virtuali.

A tal proposito, da qualche giorno è stato organizzato sul social network un evento intitolato “Una Preghiera per Yara“. All’appuntamento, che si sta svolgendo proprio in questi minuti, hanno deciso di partecipare 368 utenti.

Il programma della veglia è semplice: dedicare insieme trenta minuti di preghiere – si suppone cristiane, considerato il fatto che nella pagina in cui è stata organizzata la veglia campeggia un’immagine ritraente Gesù Cristo – con la speranza che esse possano contribuire a ottenere ciò che, sino a oggi, non è stato possibile con le indagini dei Carabinieri: il ritorno di Yara a casa.

I messaggi di chi ha voluto condividere la propria supplica sono chiari. Silvia, ad esempio, dice «Yara ti aspettiamo a braccia aperte… Signore fa che tutto ciò avvenga al più presto!», a cui fa da eco Francesca: «Signore fa che ritorni a splendere la luce».

La partecipazione effettiva all’iniziativa non è facilmente quantificabile, tuttavia rimane la consapevolezza che la figura di Yara sia diventata per molti, e lo si è cercato di spiegare in questo articolo dello scorso 17 gennaio, qualcosa in più di una semplice vittima di un rapimento.

Dolori globalizzati. Reali o virtuali?

Simone Olivelli