A pensare che Vittorio Sgarbi sia diventato famoso non tanto per le sue qualità di critico d’arte o per l’ingresso nella politica, ma piuttosto per la capacità di essersi ritagliato un personaggio che perfettamente si inserisce nel contesto televisivo, fatto di urla, espressioni sopra le righe, aggressività e incapacità di stare a sentire l’altro, sono in tanti.
Se si prova a fare una ricerca su Youtube inserendo come parole chiave le generalità dell’ormai ex sindaco del paesino siciliano di Salemi – Sgarbi ha rassegnato le dimissioni dall’incarico come protesta per la decisione della Prefettura di Trapani di revocargli la scorta – i risultati sono imbarazzanti: quasi tutti i video propongono i teatrini isterici di uno dei personaggi italiani più eclettici, nel senso che le sue appartenenze politiche sono andate dal PCI all’Msi, per finire nell’Udc, intento ad attaccare con gli epiteti più coloriti, e spesso anche volgari, i malcapitati interlocutori.
Si va dal marchio di fabbrica «Capra!», allo storico «Culattoni» rivolto ai componenti del satirico Trio Medusa, fino ad arrivare al più recente, ma forse anche più violento «Mafioso!». Il tutto interpretato con lo stesso rituale di sempre: reiterazione dell’insulto, grida indemoniate, minacce di andarsene dalla trasmissione. Sistematina al ciuffo finto ribelle, in verità soltanto eccessivamente lungo.
I capelli, con il passare degli anni, si sono imbiancati, per il resto tutto uguale. Forse un pizzico più patetico.
Anche le vittime degli improperi variano di volta in volta. Ultimamente, però, Sgarbi sembrerebbe aver trovato un obiettivo ben preciso: Peter Gomez, giornalista e vice direttore della versione on line de Il Fatto Quotidiano.
L’ultimo atto, ma temiamo che non lo sarà per molto, di una crisi isterica che va avanti da decenni si è concretizzato ieri sera durante la trasmissione, condotta da Gianluigi Paragone, L’ultima parola.
Intervenendo a discussione già iniziata, Sgarbi è andato su tutte le furie quando Gomez avrebbe parlato della possibile ombra della ‘ndrangheta calabrese in un prestito che Silvio Berlusconi avrebbe fatto al famoso manager di molti personaggi dello show business.
«Sono sconcertato dalla totale assenza di coscienza di Stato di chi parla di Lele Mora e della‘Ndrangheta – ha incalzato Sgarbi – Qui siamo di fronte ad un attentato alle istituzioni: contro la magistratura, da parte degli stessi magistrati. Lo stesso Csm ha dato torto alla Fiorilli e ragione al governo sul caso Ruby».
Ma è nel momento in cui Gomez azzarda una controrisposta, «Questo non è vero», che Sgarbi si inferocisce: «Vuoi lasciarmi finire mafioso. Mafioso che sei!».
Gomez, mantenendo un tono di voce fermo ma senza alzarne il volume, ha prima dichiarato che le parole appena pronunciate da Sgarbi, verranno discusse «in tribunale» per poi rispondere in maniera velenosa, sostenendo che «in questo paese esistono due tipi di persone: noi stiamo parlando di cortigiane e poi ci sono i cortigiani. Ecco Sgarbi è un cortigiano».
Ed è stato questo il momento in cui Sgarbi è passato alla fase due della consueta prassi: alzatosi, ha minacciato di lasciare la registrazione del programma, va dietro le telecamere urlando e dice a Paragone: «Adesso lo mandi a casa. Cortigiano è lui, io non sono il cortigiano di nessuno».
Il conduttore tenta di calmarlo e Sgarbi– anche se non curante degli inviti di Paragone – ritorna spontaneamente sulla sua sedia, non prima di avvicinarsi a brutto muso a Gomez, quasi a volerne cercare lo scontro fisico.
E’ proprio vero: il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Almeno la voce, una volta, però…
Simone Olivelli