Edi Rama, sindaco di Tirana, lancia il suo appello all’Italia ed all’Unione Europea: “Roma e l’Europa non devono accettare in Albania una realtà inaccettabile per il mondo democratico e devono condannare la violenza di Stato che uccide gente innocente, l’Ue non può accettare che in Albania accadano cose che non tollererebbe negli Stati membri”.
Con queste parole il leader socialista, e principale nemico del democratico Sali Berisha, ha annunciato di essere pronto ad un giro nei Paesi occidentali per raccontare quello che sta accadendo in Albania. L’accusa che il primo cittadino di Tirana rivolge al primo Ministro è quella di aver cavalcato la protesta popolare per riaffermare il suo potere con la forza.
Intanto il Parlamento albanese ha approvato l’avvio di un’inchiesta sugli scontri della scorsa settimana, nei quali tre persone hanno perso la vita. Il voto è stato boicottato dai socialisti, che da più di un anno si muovono dentro e fuori il Parlamento contestando le ultime elezioni, che avrebbero visto lo stesso Berisha protagonista di clamorosi brogli elettorali. Dopo lo sciopero della fame che ha visto protagonisti i politici dell’opposizione nel Maggio scorso, e dopo le manifestazioni di quei giorni a Tirana, i socialisti annunciano che torneranno in piazza il 28 Gennaio.
Sempre sull’episodio drammatico dei tre morti durante le proteste, i procuratori che indagano sul caso hanno emesso l’ordine di cattura per sei membri della guardia repubblicana. Secondo il video degli scontri andato in onda sulle Tv locali, infatti, i proiettili che hanno colpito i tre manifestanti sarebbero stati sparati dall’edificio che ospita la sede del Primo Ministro.
Una situazione, quella in Albania, che ha visto il fermento popolare e politico crescere a partire dalle elezioni del 2009, nelle quali c’è stata la vittoria di Sali Berisha. Con i socialisti che ormai da due anni chiedono la riapertura ed il riconteggio delle schede, la situazione è esplosa con le dimissioni di Ilir Meta, alleato fondamentale del leader democratico, accusato di corruzione per l’appalto su una centrale elettrica. Edi Rama, intanto, cavalca il momento di crisi del governo: “Noi continueremo le nostre proteste e manifestazioni, pacificamente, senza violenza, con l’inarrestabile potere della resistenza popolare”.
Cristiano Marti