“Non mi nascondo, sono un uomo libero e sincero: di fronte ad altre azioni di violenza, i morti potranno essere tre, trenta o cento”. Con queste parole il Premier albanese Sali Berisha presenta in anticipo il conto al suo Paese. “Non tollererò un’altra situazione del genere. Un colpo di Stato è un colpo di Stato. In Albania, un Paese democratico, membro della Nato, non potrà mai accadere. Non accadrà.”
Intervistato da La Stampa il primo Ministro risponde feroce alle accuse lanciategli dai socialisti sulla terribile repressione che la settimana scorsa è costata la vita a tre manifestanti. Un attacco diretto a 360 gradi che va dal sindaco di Tirana, nonché leader dei socialisti, Edi Rama alla stessa Procura Generale. Di fronte alla domanda sull’accusa di aver conquistato le urne grazie a brogli elettorali Berisha risponde secco: “Rama ha fatto del riconteggio il suo cavallo di battaglia. Ma sta chiedendo di investigare i dubbi. Perché di fatti non ce ne sono.” Insomma, per il Premier albanese la storia dei brogli assomiglia più alla trama del Processo di Kafka, romanzo nel quale Josef K. Viene “arrestato senza prove”.
Proprio come nel caso delle sei membri della Guardia Repubblicana. Il fatto che la Procura voglia arrestarli non sarebbe altro che lo specchio di un colpo di Stato che Edi Rama sta tentando: “Tutto – ha spiegato nell’intervista – è stato fatto secondo uno scenario ben organizzato. Sono stato circondato da 300 criminali pagati per il loro lavoro.”
E che ci siano tensioni tra governo e Procura lo testimonia il rifiuto che la polizia ha opposto di fronte all’ordine d’arresto delle sei guardie, accusando il Procuratore Generale Ina Rama di essere “parte attiva del colpo di Stato”. Non sembra, però, essere della stessa idea il popolo albanese, il quale in un sondaggio effettuato dall’emittente News24, nel 70% dei casi ha risposto di ritenere Berisha responsabile della morte dei tre manifestanti. Un dato che preoccupa, in quanto dimostra lo scollamento sempre più irriducibile tra cittadini ed esecutivo. Tensione anche a Bruxelles, da dove invitano i politici a dare “prova di responsabilità”.
Questo in vista della prossima manifestazione che i socialisti organizzeranno a Tirana entro fine Gennaio. “L’Albania – ha detto Natasha Butler, portavoce della Commissione Europea – è un candidato potenziale dell’Ue.” Ma l’adesione può avvenire solo di fronte a “principi molto chiari”. La replica sembra averla data ieri Berisha, che nell’intervista a La Stampa assicura di governare un Paese nel quale la democrazia è il punto di riferimento: “In Albania i valori sono garantiti. Questo Paese ha uno stato di diritto e di istruzione che funziona. I golpisti avranno ciò che meritano.” Proprio quello di cui l’Ue inizia a preoccuparsi.
Cristiano Marti