Il Gup Rosalba Liso ha emesso 12 rinvii a giudizio, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, arrestato per droga e morto nemmeno una settimana dopo all’Ospedale Pertini di Roma.
Il processo inizierà il 24 marzo porssimo, davanti alla Corte d’Assise di Roma. Stando a quanto riportato dalla Reuters , tre guardie carcerarie, Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, sarebbero state mandate a processo con le accuse di lesioni e abuso d’autorità. Le stesse pare fossero inizialmente indagate per omicidio colposo.
I restanti indagati, sono sei medici, Aldo Fierro, Stefania Corvi, Rosita Caponetti, Flaminia Bruno, Luigi Preite De Marchis e Silvia Di Carlo, accusati di abbandono di persona incapace, escludendo la Caponnetti, accusata invece di falso e abuso d’ufficio. Oltre ai suddetti, sono stati rinviati a giudizio anche tre infermieri, sempre per abbandono di persona incapace. Questi ultimi rispondono ai nomi di Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe.
Diversa la sorte di un tredicesimo indagato, Claudio Marchiandi, funzionario del Dap, che aveva scelto il rito abbreviato. Per lui è arrivata la condanna a 2 anni di reclusione.
Secondo i risultati diffusi dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta, Stefano Cucchi morì, il 22 ottrobre 2009, per disidratazione, ma non solo. Emergerebbe infatti anche la responsabilità dei medici, incapaci, secondo quanto riportato nel documento, di constatare la gravità della situazione del paziente. Ecco cosa dichiarò nel 2009 a CNRmedia Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, pochi giorni dopo la scomparsa del fratello.
“Voglio sottolineare il fatto che quando mio fratello è uscito di casa coi carabinieri dopo la perquisizione della sua abitazione stava bene e camminava con le sue gambe e non aveva nessun segno sul viso, la mattina dopo c’è stato il processo per direttissima e mio padre ha visto che Stefano aveva il viso gonfio. Ai miei genitori è stato comunicato il sabato successivo che mio fratello era stato ricoverato in ospedale, per tre giorni non li hanno fatti entrare, prima dicendo che non c’era l’autorizzazione del carcere, poi che non c’erano i medici. L’epilogo giovedì: intorno alle 12.30 i carabinieri si presentano a casa di mia madre per notificarle il decreto del pm per l’incarico del consulente d’ufficio per l’autopsia per il decesso di mio fratello. Così i miei genitori scoprono che Stefano è morto, all’alba. Mio fratello sapeva che stava morendo, aveva chiesto anche una Bibbia. Ci hanno vietato di stargli accanto, non ci hanno spiegato cos’è successo e perché è morto. Ora lo Stato ci deve rispondere”
A.S.