Yara: l’ombra della ‘Ndrangheta nel giallo di Brembate di Sopra?

Se dalle indagini ufficiali sul caso della scomparsa di Yara Gambirasio dal paese di Brembate di Sopra (Bg), continua a non trapelare nulla, per la chiara volontà da parte degli inquirenti di agire senza avere puntate addosso le luci dei riflettori, in compenso, sul web, si rincorrono le interpretazioni di una vicenda che porta con sé diversi interrogativi.

Consapevoli del fatto che, spesso, si tratta soltanto di ricostruzioni frutto dell’immaginazione e dell’eccessivo coinvolgimento emotivo, pensiamo anche che sia giusto renderle note.

Già negli scorsi giorni, Newnotizie aveva pubblicato il parere di uno dei tanti navigatori del web che si sono interessati al caso Yara. Cosimo, questo il suo nickname, faceva riferimento alla possibilità che dietro al rapimento della tredicenne, possa esserci la pedofilia: un gruppo imprecisato e organizzato, intento periodicamente a sottrarre giovani dall’amore dei propri familiari.

Oggi, invece, parliamo della possibilità – ampiamente discussa nei siti di aggregazione sociale – secondo cui a sequestrare la piccola della famiglia Gambirasio possano essere state persone che hanno agito per conto della malavita organizzata. Nello specifico, si parla della ‘Ndrangheta calabrese.

L’idea – comunicataci da una donna che vive nel bergamasco e di cui, per ovvie ragioni, non forniremo le vere generalità – è che quello di Yara non sia stato un comune sequestro con l’obiettivo di estorcere somme di denaro alla famiglia della vittima. I motivi, d’altronde, per sostenere ciò sembrano sempre più evidenti, ogni giorno che passa: nessuna richiesta di riscatto è pervenuta ai Gambirasio e, cosa non da poco in casi come questo, comunque a essere colpita dalla vicenda è stato un nucleo familiare come tanti, senza particolari ricchezze alle spalle.

La donna è convinta che Yara «sia stata rapita da professionisti per mandare un segnale a qualcuno» e condividendo l’opinione del criminologo, Francesco Bruno, ritiene che la ragazza «non sia più viva».

Carla, nome di fantasia, sottolinea il fatto che Brembate di Sopra «non è mai stato un paese omertoso», eppure adesso con il caso Yara tutte «le bocche si sono cucite». Il motivo di tanta reticenza a parlare sarebbe da rintracciare nella paura che fanno le ‘ndrine, ovvero le cosche mafiose proprie della ‘Ndrangheta, che da tempo hanno esteso la loro influenza anche nel nord Italia.

Ma quali interessi avrebbe la malavita organizzata in un paese come Brembate di Sopra?

Carla non usa mezzi termini e fa esplicito riferimento al mutamento del panorama economico che si è registrato negli ultimi anni in Lombardia. Nei dintorni di Brembate di Sopra sarebbero in progetto diversi centri commerciali e ipermercati «dai valori incalcolabili», su cui la malavita avrebbe messo gli occhi, convinta di poter così riciclare i soldi sporchi ottenuti dal traffico di droga.

Ed è così che, parlando di centri commerciali, il pensiero va dritto a quel cantiere di Mapello, oggetto delle diverse segnalazioni anonime in cui veniva chiesto agli inquirenti di intensificare le ricerche proprio in quella zona, perché è lì che si troverebbe Yara.

Ascoltando le  parole di Carla, viene spontaneo chiedersi: perché gli inquirenti si sono sempre mostrati riluttanti nel ritornare a Mapello, mentre non hanno mai tralasciato i suggerimenti pervenuti da sedicenti veggenti?

La donna, infine, fa riferimento alla figura del padre della piccola, Fulvio Gambirasio, come possibile destinatario del messaggio mandato dalle ‘ndrine con il rapimento della figlia: come già reso noto nelle scorse settimane, l’uomo in passato ha lavorato presso la ditta “Gamba Coperture” che avrebbe avuto rapporti di lavoro con la Lopav Prima Spa, i cui titolari, Patrizio e Massimiliano Locatelli, sono stati di recente arrestati perché sospettati di riciclare i soldi provenienti dal narcotraffico. Fulvio Gambirasio potrebbe essere stato ritenuto d’intralcio – per via del suo essere integerrimo – e per questo punito.

In conclusione, la donna tiene a ricordare che «le cosche operanti sul territorio bergamasco sono le stesse che a cavallo tra gli anni settanta e ottanta si erano specializzate nei sequestri di persona».

Solo strane coincidenze o qualcosa di più?

S. O.