“Il caso Ruby è un pasticcio che complica le cose”.
Parola del Senatur Umberto Bossi, intervistato dai cronisti nei pressi di Montecitorio.
“Mollare Berlusconi per il federalismo? Io sono tutto tranne che un imbroglione. – ha poi voluto sottolineare, di fronte a chi gli domandava se il carroccio avrebbe potuto abbandonare il premier dopo il varo del federalismo – Non sono stato imbroglione nemmeno con le donne. Alla fine ho sposato la Manuela…”.
Nel corso dell’intervista Bossi è apparso estremamente rilassato, nonostante i “pasticci” del premier, e convinto che “il federalismo fiscale passerà. Alla fine diranno tutti di sì”.
La tranquillità del Senatur, giustificata dalla consapevolezza della forza elettorale di cui dispone, anche in caso di crisi e elezioni anticipate, la Lega Nord, non cancella, in ogni caso, le cupi nubi che si stagliano sull’orizzonte del Governo.
La votazione con cui la Camera ha rigettato ieri la mozione di sfiducia contro Bondi, infatti, ha fatto registrare a favore del ministro della Cultura 314 voti.
Esattamente quei 314 voti che, lo scorso 14 dicembre, avevano salvato dalla sfiducia Silvio Berlusconi.
Numeri che mostrano come l’operazione “Responsabili”, il gruppo parlamentare progettato per “allargare la maggioranza” a Montecitorio e partorito pochi giorni fa solo con l’apporto decisivo di due deputati del PdL, sia fallita miseramente.
La situazione della Camera, quindi, si presta come non mai a qualsiasi operazione di “guerriglia parlamentare” le opposizioni, Pd, IdV e Terzo Polo, intendessero pianificare; nella realtà della Camera, che anche a fronte di “larghe maggioranze” si è sempre prestata, più che Palazzo Madama, ad imboscate atte a mandare sotto il Governo, uno scarto di soli tre voti sulle opposizioni impone la presenza di tutti i parlamentari della maggioranza a tutte le votazioni.
Una condizione quasi impossibile da conseguire, come sa lo stesso Berlusconi che, non a caso, aveva annunciato quella grande campagna acquisti con cui la maggioranza avrebbe dovuto guardagnarsi un margine di tranquillità.
Nella testa del premier, e di Bossi, rimane adesso l’approvazione del federalismo, “conditio sine qua non” perché la Lega non faccia saltare il banco chiedendo nuove elezioni anticipate; all’indomani del varo del federalismo, però, PdL e Lega si troveranno nuovamente di fronte al bivio del 14 dicembre: rafforzare la maggioranza, scegliendo, fallita la campagna acquisti, di aprire alle richieste di rimpasto e cambio premier di Casini, o, al contrario, prendere atto della realtà e aprire una crisi pilotata che conduca comunque a nuove elezioni.
L’unica certezza, con minorenni e cocaina che incombono sul premier, è che 314 voti non sono maggioranza sufficiente a garantire l’operato del Governo.
Mattia Nesti