“Il perseguimento del massimo vantaggio economico inteso in senso lato, e della solo apparente risoluzione dei problemi di interesse pubblico. Entrambi i fini in totale pregiudizio del rispetto dei capisaldi della legge, della scienza, della tecnica e della salute pubblica.”
Così i magistrati di Napoli descrivono il quadro generale che emerge dall’inchiesta sui rifiuti che ha portato a 14 arresti e agli avvisi di garanzia recapitati all’ex governatore della Campania Antonio Bassolino, al suo assessore all’Ambiente Nocera e al capo della sua segreteria politica Gianfranco Nappi. Già scattati, invece, gli arresti domiciliari per otto persone. Fra queste Corrado Catenacci ( Prefetto ed ex commissari straordinario per l’emergenza rifiuti), Marta Di Gennaro (vice commissario durante la prima gestione Bertolaso) e Gianfranco Mascazzini, dirigente del Ministero dell’Ambiente.
Sull’avviso di garanzia Bassolino, che è stato anche commissario ai rifiuti e alle bonifiche ha espresso “fiducia nella magistratura: (sono certo) che l’ulteriore sviluppo delle indagini dimostrerà la mia estraneità a ogni ipotesi di reato.” Ma è lo stesso procuratore Giandomenico Lepore ad attaccare i vertici politici campani: “È sempre emergenza da sedici anni perché manca la volontà delle forze politiche di risolvere il problema.”
Non a caso i magistrati parlano di un sistema nel quale il trattamento ed il mancato smaltimento di rifiuti avevano nel tempo assunto i caratteri di una “collaborazione istituzionale”, nella quale politici e commissari hanno sottovalutato (e ignorato) l’emergenza inquinamento alla quale stava portando il percolato, il residuo liquido prodotto dalla spazzatura. “Milioni di tonnellate di monnezza – scrive Enrico Fierro sul Fatto di oggi – gettata in discarica. Ammassata lì, senza essere trattata, sotto il sole a fermentare e produrre tonnellate di liquidi velenosi”. Tonnellate che, a partire dal 2006 fino ad almeno il Dicembre 2007, sono state sversate direttamente in mare: “una scelta obiettivamente scellerata”, scrivono i magistrati, che ha creato disastri ambientali e messo in pericolo l’incolumità dei cittadini (3 milioni in tutta l’area interessata).
Colpa soltanto di società come la Hydrogest, che hanno avuto in gestione la depurazione dei rifiuti in Campania? Stando a quanto emerge dall’inchiesta, no. Che gli impianti non fossero in grado di smaltire il carico di rifiuti e che gli stessi non fossero a norma, era una cosa nota. “Anche il commissario straordinario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso e il suo vice Marta Di Gennaro – si legge nelle carte – avevano consapevolezza della problematica del pericolo, e tuttavia lo gestivano con assoluta insufficienza. Soprattutto in dispregio di ogni regola.”
Chi avrebbe dovuto controllare il rispetto delle norme e delle procedure? La risposta sta in un’intercettazione nella quale a parlare è Gaetano De Bari, Ad di Hydrogest: “A me della Campania non me ne frega un cazzo. Non me ne frega dello smaltimento dei rifiuti, il problema è loro. Devo fare tutto questo per 20 mila euro al mese. Mi hanno chiamato, mi hanno fatto sedere su una sedia e mi hanno detto ti devi prendere il percolato. ” Che fine avrebbero poi fatto i liquidi tossici, evidentemente non era un problema di nessuno.
Cristiano Marti