Sotto la neve scompare il rispetto per i tifosi

Che il modo di intendere il calcio nel nostro paese sia completamente cambiato negli ultimi 15 anni è sotto gli occhi di tutti. Uno sport che con il passare del tempo si è spinto sempre più verso un elitarismo ed un business-show che poco hain comune con le sue origini popolari e la passione che esso faceva scaturire nei cuori di tutte le genti appartenenti a qualsiasi classe ed ordine sociale.

Succede così che il pallone italiano, oltre ad essere ormai poco avvezzo ai suoi tifosi sia diventato poco avvezzo persino alle condizioni climatiche del nostro paese. Negli ultimi tempi assistiamo ad un’orda di partite interrotte o rinviate a causa di neve, pioggia e nebbia. Ma si faccia attenzione, non parliamo di situazioni climatiche trascendentali o davvero proibitive. Non parliamo di piogge torrenziali simil monsoni o nevicate di Himalayana memoria bensì, nella stragrande maggioranza dei casi, di pochi millimetri di campo imbiancati.  A suffragare tutto ciò ricorderemo senz’altro tutti l’imbarazzante rinvio, deciso dall’allora prefetto di Firenze Francesco Tagliente,  per motivi di ordine pubblico di Fiorentina-Milan dello scorso campionato in seguito ad una nevicata abbattutasi sul capoluogo toscano nella notte. Quel giorno venne detto che per i tifosi era troppo pericoloso recarsi allo stadio. Fu pertanto curiosa questa preoccupazione per i supporters che poi di regola vengono trattati come clienti da spremere e vessati dalle più scellerate decisioni come limitazioni territoriali e tessere del tifoso. Viene quasi da chiedersi se qualcuno ci guadagna con questo meccanismo.

Tutto questo preambolo per dire che l’interruzione ed il rinvio a data da destinarsi di Bologna-Roma di ieri rappresenta ormai la triste normalità. Ma qualcuno si è chiesto come ciò sia possibile? Prendiamo sotto esame solamente il match del Dall’Ara, erano comunque accorse diverse migliaia di tifosi allo stadio alcuni dei quali dalla Capitale (peraltro muniti della famigerata card maroniana), i fiocchi erano caduti sin dalla sera precedente, possibile quindi che per prendere tale decisione ci siano voluti 17 minuti di partita disputata? Non si poteva semplicemente rinviare in mattinata? Ora chi ripagherà quei tifosi (ripeto, muniti di tessera del tifoso e quindi in teoria privilegiati rispetto ai “cattivi” che non hanno aderito a tale strumento) che hanno speso soldi e tempo per seguire la propria squadra?

Siamo ormai giunti alla vera e propria fiera dell’assurdo. Dieci anni fa partite come quella di ieri si sarebbero giocate senza problema alcuno (chi di noi tra l’altro non ricorda il famoso spareggio di Mosca tra la Russia e l’Italia di Cesare Maldini per accedere a Francia ’98 giocato sotto una vera e propria bufera di neve?), senza contare che in paesi come quelli del Nord Europa (dove il clima invernale crea veramente disagio) in genere si gioca senza “se” e senza “ma” e se una partita si rinvia lo si fa almeno con un giorno di anticipo, evitando ai tifosi di spostarsi inutilmente. Si chiama rispetto. Visto che nel nostro paese è solito mettersi in bocca parole altisonanti come “Modello Inglese”, “Rispetto per le Istituzioni” e “Cultura sportiva” sarebbe bello che questi concetti venissero portati dall’astrattismo alla concretezza in primo luogo da chi amministra (ed amminestra) il nostro football.

Ultimo appunto va fatto alle pay-tv. Dal momento che sono loro a gestire in toto il sistema calcio ci si chiede come sia possibile far disputare una partita sotto la neve con il pallone giallo? Sempre dieci anni fa esisteva un pallone apposito per queste occasioni, quello rosso. Lo ricordate? Forse no, avete rimosso. Del resto anche quello era il simbolo di un calcio a misura di uomo che oggi non esiste più ed anzi prende sempre più la strada di un vero e proprio sport per pochi nel quale regnano discriminazione, abusi e non rispetto.

Simone Meloni